Decreto legislativo 11
maggio 1999, n. 152
Decreto legislativo
recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento
della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane
e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole
(G.U. n. 124 del 29 maggio 1999,
s.o. n. 101/L) con le correzioni di cui all'avviso di rettifica pubblicato
sulla G.U. n. 170 del 22 luglio 1999
Titolo I - Principi generali e
competenze
1. Finalità
1. Il presente decreto definisce la disciplina
generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee
perseguendo i seguenti obiettivi:
a)
prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il
risanamento dei corpi idrici inquinati;
b)
conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed
adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c)
perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse
idriche, con priorità per quelle potabili;
d)
mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei
corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie
e ben diversificate.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al
comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
a)
l’individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per
specifica destinazione dei corpi idrici;
b)
la tutela integrata degli aspetti qualitativi e
quantitativi nell’ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema
di controlli e di sanzioni;
c)
il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo
Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di
qualità del corpo recettore;
d)
l’adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e
depurazione degli scarichi idrici, nell’ambito del servizio idrico integrato di
cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36;
e)
l’individuazione di misure per la prevenzione e la
riduzione dell’inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f)
l’individuazione di misure tese alla conservazione, al
risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
3. Le regioni a statuto ordinario regolano la
materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto di quelle disposizioni
in esso contenute che, per la loro natura riformatrice costituiscono principi
fondamentali della legislazione statale ai sensi dell’articolo 117, primo
comma, della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome
di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione al presente decreto
secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di
attuazione.
2. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) "abitante
equivalente": il carico organico biodegradabile avente una richiesta
biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di
ossigeno al giorno;
b) acque
ciprinicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti
ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le
anguille;
c) "acque
costiere": le acque al di fuori della linea di bassa marea o del limite
esterno di un estuario;
d) "acque
salmonicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a
specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) “estuario”:
l’area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un
fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del
Ministro dell’ambiente; in via transitoria sono fissati a cinquecento metri
dalla linea di costa;
f) "acque
dolci": le acque che si presentano in natura con una bassa concentrazione
di sali e sono considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al
fine di produrre acqua potabile;
g) “acque
reflue domestiche”: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo
residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e
da attività domestiche;
h) "acque
reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici
in cui si svolgono attività commerciali o industriali, diverse dalle acque
reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
i) "acque
reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue
domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento;
l) “acque
sotterranee”: le acque che si trovano al di sotto della superficie del terreno,
nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m) “agglomerato”:
area in cui la popolazione ovvero le attività economiche sono sufficientemente
concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle
acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o
verso un punto di scarico finale;
n) “applicazione
al terreno”: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento sulla
superficie del terreno, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con
gli strati superficiali del terreno;
o) “autorità
d’ambito”: la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi
dell’articolo 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
p) “bestiame”:
si intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto;
q) “composto
azotato”: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l’azoto allo stato
molecolare gassoso;
r) “concimi
chimici”: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
s) “effluente
di allevamento”: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di
deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato;
t) “eutrofizzazione”:
arricchimento delle acque in nutrienti, in particolare modo di composti
dell'azoto ovvero del fosforo, che provoca una proliferazione delle alghe e di
forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione
dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque
interessate;
u) “fertilizzante”:
fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, ai fini del
presente decreto è fertilizzante qualsiasi sostanza contenente, uno o più
composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della
vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli
allevamenti ittici e i fanghi di cui alla lettera v);
v) “fanghi”:
i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane;
z) “inquinamento”:
lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall’uomo nel l'ambiente
idrico di sostanze o di energia le cui conseguenze siano tali da mettere in
pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico
idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle
acque;
aa)
“rete fognaria”: il sistema di condotte per la raccolta e
il convogliamento delle acque reflue urbane;
bb)
“scarico”: qualsiasi immissione diretta tramite condotta
di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque
superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente
dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di
depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 40;
cc)
“acque di scarico”: tutte le acque reflue provenienti da
uno scarico;
dd)
"trattamento appropriato": il trattamento delle
acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che
dopo lo scarico garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi
obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni del presente
decreto;
ee)
"trattamento primario": il trattamento delle
acque reflue urbane mediante un processo fisico ovvero chimico che comporti la
sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri processi a seguito dei
quali il BOD5 delle acque reflue in arrivo sia ridotto almeno del
20% prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in arrivo
siano ridotti almeno del 50%;
ff) "trattamento
secondario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo
che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie,
o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti di cui alla tabella 1
dell'allegato 5;
gg)
“stabilimento industriale” o, semplicemente,
“stabilimento”: qualsiasi stabilimento nel quale si svolgono attività
commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione
ovvero l’utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella 3 dell’allegato 5
ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali
sostanze nello scarico;
hh)
"valore limite di emissione": limite di accettabilità
di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in
concentrazione, ovvero in peso per unità di prodotto o di materia prima
lavorata, o in peso per unità di tempo;
ii) "zone
vulnerabili": zone di territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già
inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
3. Competenze
1. Le competenze nelle materie disciplinate dal
presente decreto sono stabilite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
e dagli altri provvedimenti statali e regionali adottati ai sensi della legge
15 marzo 1997, n. 59.
2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le
autorità di bacino, l’Agenzia nazionale e le Agenzie regionali per la
protezione dell’ambiente assicurano l’esercizio delle competenze già spettanti
alla data di entrata in vigore della legge 15 marzo 1997, n. 59, fino
all’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.
3. In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti
alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti
inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea o
pericolo di grave pregiudizio alla salute o all’ambiente o inottemperanza agli
obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
dei Ministri competenti, esercita i poteri sostitutivi in conformità
all’articolo 5 del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112, fermi
restando i poteri di ordinanza previsti dall’ordinamento in caso di urgente
necessità, nonchè quanto disposto dall’articolo 53.
4. Le prescrizioni tecniche necessarie
all’attuazione del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto
stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di
Bolzano; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli
allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove
acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
5. Ai sensi dell’articolo 20 della legge 16 aprile
1987, n. 183, con decreto dei Ministri competenti per materia, si provvede alla
modifica degli allegati al presente decreto per dare attuazione alle direttive
che saranno emanate dall’Unione europea, per le parti in cui queste modifichino
modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive
dell’Unione europea recepite dal presente decreto.
6. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche
attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono
alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle
acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione
dei corsi d’acqua e della fitodepurazione.
7. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione
delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono all’Agenzia
nazionale per la protezione dell’ambiente i dati conoscitivi e le informazioni
relative all’attuazione del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla
disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro
dell’ambiente, di concerto con i Ministri competenti, d’intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie
autonome di Trento e di Bolzano. L’Agenzia nazionale per la protezione
dell’ambiente elabora a livello nazionale, nell’ambito del Sistema informativo
nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri
interessati e al Ministero dell’ambiente anche per l’invio alla Commissione
europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le
regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell’ambiente i provvedimenti
adottati ai fini delle comunicazioni all’Unione europea o in ragione degli
obblighi internazionali assunti.
8. Sono fatte salve le competenze spettanti alle
regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai
sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
9. Le regioni favoriscono l’attiva partecipazione
di tutte le parti interessate all’attuazione del presente decreto in
particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di
tutela.
Titolo II - Obiettivi di qualità
Capo I - Obiettivo di qualità
ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione
4. Disposizioni generali
1. Al fine della tutela e del risanamento delle
acque superficiali e sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi
minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi
di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all’articolo 6,
da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
2. L’obiettivo di qualità ambientale è definito in
funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di
autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben
diversificate.
3. L’obiettivo di qualità per specifica
destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare
utilizzazione da parte dell’uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione del presente decreto sono
adottate, mediante il piano di tutela delle acque di cui all’articolo 44,
misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:
a) sia
mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e
sotterranei l’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di
“buono” come definito nell’Allegato 1;
b) sia
mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale “elevato” come
definito nell’Allegato 1;
c) siano
mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di
cui all’articolo 6 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di
cui all’allegato 2, salvo i termini di adempimento previsti dalla normativa
previgente.
5. Qualora per un corpo idrico siano designati
obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per
gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più
cautelativi; quando i limiti più cautelativi si riferiscono al conseguimento
dell’obiettivo di qualità ambientale, il rispetto degli stessi decorre dal 31
dicembre 2016.
6. Il piano di tutela provvede al coordinamento
degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per
specifica destinazione
7. Le regioni possono altresì definire obiettivi di
qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei
corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.
5. Individuazione e
perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale
1. Entro il 31 dicembre 2001, sulla base dei dati
già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli
articoli 42 e 43 le regioni identificano per ciascun corpo idrico
significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di
quelle indicate nell’allegato 1.
2. In relazione alla classificazione di cui al
comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al
raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui
all’articolo 4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo
ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell’autorità di bacino di
rilievo nazionale e interregionale per i corpi idrici sovraregionali,
assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l’adozione di misure atte ad
impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016
il raggiungimento dell’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo
stato “buono”, entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale
classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato
“sufficiente” di cui all’allegato 1.
4. Le regioni possono motivatamente stabilire
termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non
consentire il raggiungimento dello stato “buono” entro il 31 dicembre 2016.
5. Le regioni possono motivatamente stabilire
obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora
ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) il corpo
idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza dell’attività umana che
rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un
significativo miglioramento dello stato qualitativo;
b) il
raggiungimento dell’obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa
della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza;
c) l’esistenza
di circostanze impreviste o eccezionali, quali alluvioni e siccità.
6. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma
5, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché i medesimi non
comportino l’ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto
salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia pregiudicato il
raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi
idrici all’interno dello stesso bacino idrografico.
7. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di
tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi
compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli
scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le
relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica
deve essere inserita come aggiornamento del piano.
6. Obiettivo di qualità per
specifica destinazione
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque
dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque
destinate alla balneazione;
c) le acque
dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei
pesci;
d) le acque
destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4,
commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso,
l’obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell’allegato 2,
fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento
dell’ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel piano di
tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la qualità delle acque di cui al comma
1 all’obiettivo di qualità per specifica destinazione. Relativamente alle acque
di cui al comma 1 le regioni predispongono apposito elenco che provvedono ad
aggiornare periodicamente.
Capo II - Acque a specifica
destinazione
7. Acque superficiali destinate
alla produzione di acqua potabile
1. Le acque dolci superficiali per essere
utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate
dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3 secondo le caratteristiche fisiche,
chimiche e microbiologiche di cui alla tabella 1/A dell’allegato 2.
2. A seconda della categoria di appartenenza, le
acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai seguenti
trattamenti:
a) Categoria
A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria
A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria
A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al
monitoraggio e classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero
della sanità, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano
caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori
ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in
via eccezionale, solo nel caso in cui non sia possibile ricorrere ad altre
fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad
opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle
acque destinate al consumo umano.
8. Deroghe
1. Per le acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei
parametri di cui alla tabella 1/A dell’allegato 2:
a) in caso
di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente
ai parametri contraddistinti nell’Allegato 2 tabella 1/A dal simbolo (o) in
caso di circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c) quando
le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con
superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;
d) nel caso
di laghi poco profondi e con acque quasi stagnanti, per i parametri indicati
con un asterisco nell’Allegato 2, tabella 1/A, fermo restando che tale deroga è
applicabile unicamente ai laghi aventi una profondità non superiore ai 20
metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui
specchio non defluiscano acque di scarico.
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se
ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.
9. Acque di balneazione (omissis)
10. Acque dolci idonee alla vita
dei pesci
1. Ai fini della designazione delle acque dolci che
richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci,
sono privilegiati:
a) i corsi
d’acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali
dello Stato, nonché di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi
naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti
ambiti territoriali;
c) le acque
dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate “di importanza
internazionale” ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa
esecutiva con il d.P.R. del 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone
umide, nonché quelle comprese nelle “oasi di protezione della fauna”, istituite
dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n.
157;
d) le acque
dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie,
presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e
produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in
via di estinzione, ovvero in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici
meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di
produzione ittica, che presentano un elevato grado di sostenibilità ecologica
ed economica.
2. Sono escluse dall’applicazione del presente
articolo e degli articoli 11, 12 e 13, le acque dolci superficiali dei bacini
naturali o artificiali utilizzati per l’allevamento intensivo delle specie
ittiche, nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo,
e quelli appositamente costruiti per l’allontanamento dei liquami e di acque
reflue industriali.
3. Le acque dolci superficiali che presentino
valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla
tabella 1/B dell’allegato 2, sono classificate, entro quindici mesi dalla designazione,
come acque dolci “salmonicole” o “ciprinicole”.
4. La designazione e la classificazione ai sensi
dei commi 1 e 3 sono effettuate dalle regioni, ricorrendone le condizioni,
devono essere gradualmente estese sino a coprire l’intero corpo idrico, ferma
restando la possibilità di designare e classificare nell’ambito del medesimo,
tratti come “acqua salmonicola” e tratti come “acqua ciprinicola”.
5. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti
necessità di tutela della qualità delle acque, il Presidente della Giunta
regionale o il Presidente della provincia, nell’ambito delle rispettive
competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o
restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
11. Successive designazioni e
revisioni
1. Le regioni sottopongono a revisione la
designazione e la classificazione di alcune acque dolci idonee alla vita dei
pesci in funzione di elementi imprevisti o sopravvenuti.
12. Accertamento della qualità
delle acque idonee alla vita dei pesci (omissis)
13. Deroghe (omissis)
14. Acque destinate alla vita
dei molluschi (omissis)
15. Accertamento della qualità
delle acque idonee alla vita dei molluschi (omissis)
16. Deroghe (omissis)
17. Norme sanitarie (omissis)
Titolo III - Tutela dei corpi
idrici e disciplina degli scarichi
Capo I - Aree richiedenti
specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento
18. Aree sensibili
1. Le aree sensibili sono individuate secondo i
criteri dell’allegato 6.
2. Ai fini della prima individuazione sono
designate aree sensibili:
a) i laghi
di cui all’allegato 6, nonché i corsi d’acqua ad essi afferenti per un tratto
di 10 chilometri dalla linea di costa;
b) le aree
lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i
laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone
umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971,
resa esecutiva con d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree
costiere dell’Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell’Adige a Pesaro e i
corsi d’acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di
costa;
e) i corpi
idrici ove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica sostenibile
che necessitano di tutela.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione
vigente relativamente alla tutela di Venezia.
4. Sulla base dei criteri stabiliti nell’Allegato 6
e sentita l’Autorità di bacino, le regioni, entro un anno dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, possono designare ulteriori aree sensibili
ovvero individuano all’interno delle aree indicate nel comma 2, i corpi idrici
che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni sulla base di criteri previsti
dall’Allegato 6 delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che
contribuiscono all’inquinamento di tali aree.
6. Ogni quattro anni si provvede alla
reidentificazione delle aree sensibili.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi
dei commi 4 e 6 devono soddisfare i requisiti dell’articolo 32 entro sette anni
dalla identificazione.
19. Zone vulnerabili da nitrati
di origine agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i
criteri di cui all’allegato 7/A-I.
2. Ai fini della prima individuazione sono
designate zone vulnerabili le aree elencate nell’allegato 7/A-III.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, sulla base dei dati disponibili, e per quanto possibile
sulla base delle indicazioni stabilite nell’allegato 7/A-I, le regioni, sentita
l’Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, all’interno
delle zone indicate nell’allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone
vulnerabili.
4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita
l’Autorità di bacino, rivedono o completano le designazioni delle zone
vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e fattori imprevisti al momento
della precedente designazione. A tal fine le regioni predispongono e attuano,
ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni
dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le
prescrizioni di cui all’allegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico
causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e
delle acque marine costiere.
5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e
4 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 6, nonché le
prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto
del Ministro per le politiche agricole in data 19.4.1999, pubblicato nel
S.O. alla G.U. n. 102 del 4.5.1999.
6. Entro un anno dall’entrata in vigore del
presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un
anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 4, le
regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all’allegato
7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi d’azione
obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall’inquinamento
causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione
nell’anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei
successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.
7. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare,
se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica
agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre
ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul
programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare
ed applicare entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei
programmi di cui al comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica
dell’efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove
necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le
ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei
costi di attuazione delle misure stesse.
8. Le variazioni apportate alle designazioni, i
programmi di azione, i risultati delle verifiche dell’efficacia degli stessi e
le revisioni effettuate devono essere comunicati al Ministero
dell’ambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 3,
comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva notizia delle
integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 7,
lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.
9. Al fine di garantire un generale livello di
protezione delle acque il codice di buona pratica agricola è di raccomandata
applicazione al di fuori delle zone vulnerabili.
20. Zone vulnerabili da prodotti
fitosanitari e altre zone vulnerabili
1. Con le modalità previste dall’articolo 19 e
sulla base delle indicazioni contenute nell’Allegato 7/B, le regioni
identificano le aree di cui all’articolo 5, comma 21, del decreto legislativo
17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri
comparti ambientali dall’inquinamento derivante dall’uso di prodotti
fitosanitari.
2. Le regioni e le autorità di bacino verificano la
presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni
di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano
quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell’ambito della
pianificazione di bacino e della sua attuazione, sono adottate specifiche
misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d’Azione Nazionale di
cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
21. Modifiche al d.P.R. 24
maggio 1988, n. 236
1. L’articolo 4 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236,
è sostituito dal seguente: (omissis)
2. L’articolo 5 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236,
è sostituito dal seguente: (omissis)
3. L’articolo 6 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236,
è sostituito dal seguente: (omissis)
4. L’articolo 7 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236,
è sostituito dal seguente: (omissis)
Capo II - Tutela quantitativa
della risorsa e risparmio idrico
22. Pianificazione del bacino
idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al
raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle
utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle
stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure
volte ad assicurare l’equilibrio del bilancio idrico come definito
dall’Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità della legge 5 gennaio
1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo
deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle
destinazioni d’uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche
qualitative e quantitative.
3. Le autorità competenti al rilascio delle
concessioni di derivazione ed alla vigilanza sulle stesse trasmettono alle
autorità di bacino competenti ogni informazione utile in merito alla gestione
della concessione evidenziando in particolare le effettive quantità derivate e
le caratteristiche quantitative e qualitative delle acque eventualmente
restituite. Le autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio
possesso all’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente secondo le
modalità di cui all’articolo 3 comma 7.
4. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto a definire, di
concerto con gli altri Ministri competenti e previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di
Trento e di Bolzano, le linee guida per la predisposizione del bilancio idrico
di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in
atto e per la definizione del minimo deflusso vitale.
5. Tutte le derivazioni di acqua comunque in atto
alla data di entrata in vigore del presente decreto sono regolate dall’autorità
concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo
deflusso vitale nei corpi idrici come previsto dall’articolo 3, comma 1,
lettera i), della legge 18 maggio 1989, n. 183, e dall’articolo 3, comma 3,
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, senza che ciò possa dar luogo alla
corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta
salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione
6. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 le
autorità concedenti, a seguito del censimento di tutte le utilizzazioni in atto
nel medesimo corpo idrico provvedono, ove necessario, alla loro revisione,
disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò
possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di
concessione.
23. Modifiche al R.D. 11
dicembre 1933, n. 1775
1. Il secondo comma dell’articolo 7 del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici approvato con
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, introdotto dall’articolo 3 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275, è sostituito dal seguente: (omissis)
2. Il comma 1 dell’articolo 9 del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, così come sostituito dall’articolo 4 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275, è sostituito dal seguente: (omissis)
3. L’articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, introdotto dall’articolo 5 del decreto legislativo 12 luglio 1993,
n. 275, è sostituito dal seguente: (omissis)
4. L’articolo 17 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775 è sostituito dal seguente: (omissis)
5. E’ soppresso il secondo comma dell’articolo 54
del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
6. Fatta salva la normativa transitoria di
attuazione dell’articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, per le
derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o in parte abusivamente
in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, la sanzione di cui
all’articolo 17, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato
dal presente articolo, è ridotta ad un quinto qualora sia presentata domanda in
sanatoria entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione
vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento
istruttorio della domanda di concessione in sanatoria, l’utilizzazione può
proseguire, fermo restando l’obbligo del pagamento del canone per l’uso
effettuato e il potere dell’autorità concedente di sospendere in qualsiasi
momento l’utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità.
7. Il primo comma dell’articolo 21 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal comma 1 dell’articolo 29
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito dal seguente: (omissis)
8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di
derivazione già concesse. Ove le stesse, per effetto del medesimo comma 7
risultino scadute, possono continuare ad essere esercitate sino alla data di
scadenza originaria, purché venga presentata domanda di rinnovo entro un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fatta salva
l’applicazione di quanto previsto all’articolo 22.
9. Dopo il terzo comma dell’articolo 21 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 è inserito il seguente: (omissis)
24. Acque minerali naturali
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque
minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle
esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle
previsioni del piano di tutela.
25. Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa
idrica adottano le misure necessarie all’eliminazione degli sprechi ed alla
riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche
mediante l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
2. Il comma 1 dell’articolo 5 della legge 5 gennaio
1994, n. 36, è sostituito dal seguente: (omissis)
3. All’articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36
dopo il comma 1, è inserito il seguente: (omissis)
4. All’articolo 13, comma 3, della legge 5 gennaio
1994, n. 36, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: (omissis)
5. Le regioni, sentita le autorità di bacino,
approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla
pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel
settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
26. Riutilizzo dell'acqua
1. All’articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n.
36, dopo il comma 4, è, in fine, aggiunto il seguente: (omissis)
2. L’articolo 6 della legge 5 gennaio 1994, n.36, è
sostituito dal seguente: (omissis)
3. Il decreto di cui all’articolo 6, comma 1, della
legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dal comma 2, è emanato entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di
concerto con i Ministri dell’ambiente e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato e d’intesa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sono definite
le modalità per l’applicazione della riduzione di canone prevista dall’articolo
18, comma 1, lettere a) e d), della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
Capo III - Tutela qualitativa
della risorsa: disciplina degli scarichi
27. Reti fognarie
1. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti
fognarie per le acque reflue urbane:
a) entro il
31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a
15.000;
b) entro il
31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra
2.000 e 15.000.
2. Per le acque reflue urbane che si immettono in
acque recipienti considerate “aree sensibili” gli agglomerati con oltre 10.000
abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.
3. La progettazione, la costruzione e la
manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori
che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:
a) del
volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della
prevenzione di eventuali fuoriuscite;
c) della
limitazione dell’inquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni
causate da piogge violente.
4. Per i nuclei abitativi isolati, ovvero laddove
la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non
presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe
costi eccessivi, le regioni identificano sistemi individuali o altri sistemi
pubblici e privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al
comma 7 dell’articolo 62, che raggiungano lo stesso livello di protezione
ambientale, indicando i tempi di adeguamento.
28. Criteri generali della
disciplina degli scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione
del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque
rispettare i valori limite di emissione previsti nell’allegato 5.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni,
nell’esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi
ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite
di emissione, diversi da quelli di cui all’allegato 5, sia in concentrazione
massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad
ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Per le
sostanze indicate nelle tabelle 1, 2, 5 e 3/A dell’allegato 5, le regioni non
possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nel medesimo
allegato 5.
3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per
il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto
assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto
previsto al comma 3 dell’articolo 34, si intende effettuata subito a monte del
punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e
marine, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L’autorità competente per il controllo è
autorizzata ad effettuare all’interno degli stabilimenti tutte le ispezioni che
ritenga necessarie per l’accertamento delle condizioni che danno luogo alla
formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti
le sostanze di cui ai numeri 2, 4, 5, 12, 15 e 16 della tabella 5 dell’allegato
5, subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello
scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in
alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate
esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque
di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli
scarichi parziali contenenti le sostanze indicate ai numeri 1, 2, 3, 5, 6, 7,
8, 9 e 10 della tabella 5 dell’allegato 5, prima del trattamento degli scarichi
parziali stessi per adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto.
L’autorità competente, in sede di autorizzazione può prescrivere che lo scarico
delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione
di energia, sia separato dallo scarico terminale di ciascun stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico
superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione,
la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e
agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore, fermo restando che le
acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di
quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal
quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall’articolo 38 e salva
diversa normativa regionale, ai fini della disciplina degli scarichi e delle
autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche quelle che
presentano caratteristiche qualitative equivalenti, nonchè le acque reflue
provenienti da:
a) imprese
dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
b) imprese
dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno
agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di
coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli
effluenti di allevamento al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione;
c) imprese
dedite alle attività di cui ai punti a) e b) che esercitano anche attività di
trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con
carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo
aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno due terzi
esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia a
qualunque titolo la disponibilità;
d) impianti
di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino
per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di
specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o
inferiore a 50 litri al minuto secondo.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono
all’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente le informazioni relative
alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi,
secondo le modalità indicate nel decreto di cui all’articolo 3, comma 7.
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione
delle informazioni sullo stato dell’ambiente le regioni pubblicano ogni due
anni una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane
nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui
all’articolo 3, comma 7.
10. Le autorità competenti possono promuovere e
stipulare accordi e contratti di programma con i soggetti economici
interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque
di scarico ed il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la
possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in
materia di adempimenti amministrativi e di fissare limiti agli scarichi in deroga
alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle
misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
29. Scarichi sul suolo
1. E’ vietato lo scarico sul suolo o negli strati
superficiali del sottosuolo fatta eccezione:
a) per i
casi previsti dall’articolo 27, comma 4;
b) per gli
scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli
scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata
l’impossibilità tecnica o l’eccessiva onerosità a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli
stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal
fine dalle regioni ai sensi dell’articolo 28, comma 2. Sino all’emanazione di
nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4
dell’allegato 5;
d) per gli
scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli
impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti
esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle
falde acquifere o instabilità dei suoli.
2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1,
gli scarichi sul suolo autorizzati prima della data di entrata in vigore del
presente decreto in conformità alla normativa previgente devono, entro tre anni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, essere convogliati in
corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in
conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all’articolo 6,
comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, così come sostituito dall’articolo
26, comma 2. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
l’autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1,
autorizzati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, devono
conformarsi ai limiti della tabella 4 dell’allegato 5 entro tre anni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto. Sino a tale data devono essere
rispettati i limiti della tabella 3 dell’allegato 5 ovvero, se più restrittivi,
i limiti fissati dalle normative regionali vigenti. Resta comunque fermo il
divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell’allegato
5.
30. Scarichi nel sottosuolo e
nelle acque sotterranee
1. E’ vietato lo scarico diretto nelle acque
sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1
l’autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi
nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di
infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati
lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio
termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il
Ministero dell’ambiente per i giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a
terra possono altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti
dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli
stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse
caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le
modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre
sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla
separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con
la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque
di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri
ecosistemi.
4. Per le perforazioni in mare con le quali è
svolta attività di prospezione, ricerca e coltivazione di giacimenti di
idrocarburi liquidi o gassosi, lo scarico delle acque diretto in mare avviene
secondo le modalità previste dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 28
luglio 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 190 del 16 agosto 1994, e
successive modifiche, purché la concentrazione di idrocarburi sia inferiore a
40 mg/l. Lo scarico diretto a mare é progressivamente sostituito dalla
iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili
pozzi non più produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto
previsto ai commi 2 e 3.
5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al
comma 4, è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a
verificare l’assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2,
3, 4 e 5, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e
debitamente autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto,
devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove
possibile, al riciclo, al riutilizzo o all’utilizzazione agronomica entro tre
anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di mancata
ottemperanza agli obblighi indicati, l’autorizzazione allo scarico è a tutti
gli effetti revocata.
31. Scarichi in acque
superficiali
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in
acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai
sensi dell’articolo 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli
obiettivi di qualità.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che
confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000
abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e
gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti
equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un
trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell’allegato 5,
entro il 31 dicembre 2005.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte,
prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento
equivalente in conformità con le indicazioni dell’allegato 5 e secondo le
seguenti cadenze temporali:
a) entro il
31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000
abitanti equivalenti;
b) entro il
31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di
abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;
c) entro il
31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione,
provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra
2.000 e 10.000.
4. Gli scarichi previsti al commi 2 e 3 devono
rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi
dell’articolo 28, commi 1 e 2.
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli
scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione
stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e
fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque
situate in zone d’alta montagna, al di sopra dei 1.500 metri sul livello del
mare, dove a causa delle basse temperature è difficile effettuare un
trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento
meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati comprovino
che essi non avranno ripercussioni negative sull’ambiente.
32. Scarichi di acque reflue
urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili
1. Ferme restando le disposizioni dell’articolo 28,
commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000
abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree
sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello
previsto dall’articolo 31, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati
nell’allegato 5.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si
applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale
minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al 75% per il fosforo
totale ovvero per almeno il 75% per l’azoto totale.
3. Le regioni individuano tra gli scarichi
provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati
all’interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che,
contribuendo all’inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento
di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di qualità
dei corpi idrici ricettori.
33. Scarichi in reti fognarie
1. Ferma restando l’inderogabilità dei
valori-limite di emissione per le sostanze della tabella 5 dell’allegato 5, gli
scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono
sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari ed ai
valori-limite di emissione emanati dai gestori dell’impianto di depurazione
delle acque reflue urbane in conformità ai criteri emanati dall’autorità
d’ambito, in base alla caratteristiche dell’impianto ed in modo che sia
assicurato il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane
definita ai sensi dell’articolo 28, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che
recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti
emanati dal gestore dell’impianto di depurazione delle acque reflue urbane.
34. Scarichi di sostanze
pericolose
1. Tenendo conto della tossicità, della persistenza
e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell’ambiente in cui è
effettuato lo scarico, l’autorità competente in sede di rilascio
dell’autorizzazione può fissare, in particolari situazioni di accertato
pericolo per l’ambiente anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze
pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai
sensi dell’articolo 28, commi 1 e 2.
2. Per le sostanze indicate ai numeri 2, 4, 5, 12,
15 e 16 della tabella 5 dell’allegato 5, le autorizzazioni stabiliscono altresì
la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di
elemento caratteristico dell’attività inquinante e cioè per materia prima o per
unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa tabella.
3. Per le acque di processo contenenti le sostanze
delle tabelle 3/A e 5 dell’allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si
intende fissato subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di
trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L’autorità competente può
richiedere che tali scarichi parziali siano tenuti separati dallo scarico
generale e trattati come rifiuti, ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni.
4. L’autorità che rilascia l’autorizzazione per le
sostanze della tabella 3/A dell’allegato 5, redige un elenco delle
autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati, ai fini
del successivo inoltro alla Commissione europea.
Capo IV - Ulteriori misure per
la tutela dei corpi idrici
35. Immersione in mare di
materiale derivante da attività di escavo e di posa in mare di cavi e condotte (omissis)
36. Autorizzazione al
trattamento di rifiuti costituiti da acque reflue
1.Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 è vietato
l’utilizzo degli impianti di trattamento di acque urbane per lo smaltimento di
rifiuti.
2. In deroga al comma 1, la competente autorità in
relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di
trattamento può autorizzare il gestore di impianti di trattamento di acque
reflue allo smaltimento di rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie
compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato è,
comunque, autorizzato ad accettare rifiuti costituiti da acque reflue negli
impianti di trattamento di cui al comma 1 purché:
a) gli
impianti abbiano caratteristiche e capacità depurativa adeguata e rispettino
comunque i valori limite di cui all’articolo 28, commi 1 e 2;
b) rispettino
i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
c) provengano
da scarichi, di acque reflue domestiche o industriali, prodotti nel medesimo
ambito territoriale ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36.
4. Allo smaltimento dei rifiuti costituiti da acque
reflue, di cui al presente articolo, si applica la tariffa prevista per il
servizio di depurazione di cui all’articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n.
36.
5. Il produttore ed il trasportatore di rifiuti
costituiti da acque reflue sono tenuti al rispetto della normativa in materia
di rifiuti del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 e successive
modifiche ed integrazioni. Il gestore dell’impianto di trattamento di rifiuti,
costituiti da acque reflue è soggetto agli obblighi di cui all’articolo 12 del
decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22.
37 Impianti di acquacoltura e
piscicoltura
1. Con decreto del Ministro dell’ambiente, di
concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici,
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della sanità e, previa intesa
con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
provincie autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi
al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dalle attività di
acquacoltura e di piscicoltura.
38. Utilizzazione agronomica
1. L’applicazione al terreno degli effluenti di
allevamento zootecnico è soggetta a comunicazione da effettuare almeno trenta
giorni prima dell’inizio di tali attività alle autorità competenti che, nel
medesimo termine, possono dare le opportune prescrizioni.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 19,
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto
il Ministro per le politiche agricole, con proprio decreto, di concerto con i
Ministri dell’ambiente, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della
sanità e dei lavori pubblici, di intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, stabilisce le modalità per la comunicazione, i criteri per il
controllo, le norme tecniche per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di
quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, e delle acque reflue
provenienti da allevamenti ittici e da aziende agricole e agroalimentari. anche
ai fini delle eventuali prescrizioni di cui al comma 1.
3. Salvo diversa disciplina regionale, il comune
ordina la sospensione dell’attività di cui al comma 1 nel caso di mancata
comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni
impartite.
39. Acque di prima pioggia e di
lavaggio di aree esterne
1. Le regioni disciplinano i casi in cui può essere
richiesto, che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne non
recapitanti in reti fognarie siano convogliate e opportunamente trattate in
impianti di depurazione per particolari stabilimenti nei quali vi sia il
rischio di deposizione di sostanze pericolose sulle superfici impermeabili
scoperte.
40. Dighe
1. Le regioni adottano apposita disciplina in
materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica,
per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque
derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed
estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il
raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Titolo II.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della
capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell’acqua invasata, sia
del corpo recettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle
dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun
impianto. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro
previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da
eseguire sull’impianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo
ricettore, dell’ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse
idriche invasate e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni
stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì
eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di
assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le
disposizioni fissate tal d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la
sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione di cui al comma 2, è
predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro
dei lavori pubblici e del Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri
dell’industria del commercio e dell’artigianato, per le politiche agricole e il
Ministro delegato della Protezione Civile, previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
5. Il progetto di gestione è approvato dalle
regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione,
sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente
interessate; è trasmesso al Registro italiano dighe per l’inserimento come
parte integrante del foglio condizioni per l’esercizio e la manutenzione di cui
all’articolo 6 del d.P.R. 1° novembre 1959, n.1363, e relative disposizioni di
attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo
trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna
pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali
enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
6. Con l’approvazione del progetto il gestore è
autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in
conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di
inerti ai sensi dell’articolo 89, comma 1, lettera d), del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, le amministrazioni determinano specifiche modalità ed
importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto
meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a
presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall’emanazione del
decreto di cui al comma 4. Fino all’approvazione o alla operatività del
progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni periodiche di manovre
prescritte ai sensi dell’articolo 17 del d.P.R. 1° novembre 1959, n. 1363,
volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in
conformità ai fogli di condizione per l’esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e
sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle
dell’invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli
obiettivi di qualità per specifica destinazione.
41. Tutela delle aree di
pertinenza dei corpi idrici
1. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo
VII del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, al fine di assicurare il
mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente
adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli
inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di
conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di
funzionalità dell’alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di
gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri
dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune comunque vietando la copertura
dei corsi d’acqua, che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica
incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque
soggetti all’autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523,
salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica
incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le
aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono
essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a
parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero
ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali
protette statali o regionali inserite nell’elenco ufficiale di cui all’articolo
3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la concessione è
gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione
ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di
sdemanializzazione.
Titolo IV - Strumenti di tutela
Capo I - Piani di tutela delle
acque
42. Rilevamento delle
caratteristiche del bacino idrografico e analisi dell’impatto esercitato
dall’attività antropica
1. Al fine di garantire l’acquisizione delle
informazioni necessarie alla redazione del piano di tutela, le regioni
provvedono ad elaborare programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le
caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l’impatto antropico
esercitato sul medesimo.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in
conformità alle indicazioni di cui all’allegato 3 e sono resi operativi entro
il 31 dicembre 2000 e sono aggiornati ogni sei anni.
3. Nell’espletamento dell’attività conoscitiva di
cui al comma 1, le amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le
informazioni già acquisite, con particolare riguardo a quelle preordinate alla
redazione dei piani di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio
1976, n. 319, nonché a quelle previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.
43. Rilevamento dello stato di
qualità dei corpi idrici
1. Le regioni elaborano programmi per la conoscenza
e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e
sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in
conformità alle indicazioni di cui all’allegato 1 e resi operativi entro il 31
dicembre 2000. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti
per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all’allegato
2.
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di
garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il
Sistema informativo nazionale dell’ambiente, nell’esercizio delle rispettive
competenze, le regioni possono promuovere accordi di programma con le strutture
definite ai sensi dell’articolo 92 del decreto legislativo del 31 marzo 1998 n.
112, con l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente, le agenzie
regionali e provinciali dell’ambiente, le province, le autorità d’ambito, i
consorzi di bonifica e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi
devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di
interscambio delle informazioni.
44. Piani di tutela delle acque
1. Il piano di tutela delle acque costituisce un
piano stralcio di settore del piano di bacino ai sensi dell’articolo 17, comma
6-ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183, ed è articolato secondo le
specifiche indicate nell’allegato 4.
2. Entro il 31 dicembre 2001 le autorità di bacino
di rilievo nazionale ed interregionale, sentite le province e le autorità
d’ambito, definiscono gli obiettivi su scala di bacino, cui devono attenersi i
piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31
dicembre 2003, le regioni, sentite le province, previa adozione delle eventuali
misure di salvaguardia, adottano il piano di tutela delle acque e lo
trasmettono alle competenti autorità di bacino.
3. Il piano di tutela contiene, oltre agli
interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli
obiettivi di cui al presente decreto, le misure necessarie alla tutela
qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. A tal fine il piano di tutela contiene in
particolare:
a) i
risultati dell’attività conoscitiva;
b) l’individuazione
degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c) l’elenco
dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche
misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento;
d) le misure
di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino
idrografico;
e) l’indicazione
della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
f) il
programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;
g) gli
interventi di bonifica dei corpi idrici.
5. Entro 90 giorni dalla trasmissione del piano di
cui al comma 2 le autorità di bacino nazionali o interregionali verificano la
conformità del piano agli obiettivi e alle priorità del comma 2 esprimendo
parere vincolante. Il piano di tutela è approvato dalle regioni entro i
successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
6. Per i bacini regionali le regioni approvano il
piano entro sei mesi dall’adozione e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
Capo II - Autorizzazione agli
scarichi
45. Criteri generali
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente
autorizzati.
2. L’autorizzazione è rilasciata al titolare
dell’attività da cui origina lo scarico. Ove tra più stabilimenti sia
costituito un consorzio per l’effettuazione in comune dello scarico delle acque
reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l’autorizzazione è
rilasciata in capo al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei
singoli consorziati e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso
di violazione delle disposizioni del presente decreto. Si applica
l’articolo 62, comma 11, secondo periodo, del presente decreto.
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque
reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione
delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell’ambito della
disciplina di cui all’articolo 28, commi 1 e 2.
4. In deroga al comma 1 gli scarichi di acque
reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei
regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato. Per gli
insediamenti le cui acque reflue non recapitano in reti fognarie il rilascio
della concessione edilizia è comprensiva dell’autorizzazione dello scarico.
5. Le regioni disciplinano le fasi di
autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle
acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
6. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda
di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero al comune se lo scarico è
in pubblica fognatura. L’autorità competente provvede entro novanta giorni
dalla recezione della domanda.
7. L’autorizzazione è valida per quattro anni dal
momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere richiesto il
rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel
rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino
all’adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata
tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di
cui all’articolo 34, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e
non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine,
lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al
comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue
domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della
medesima.
8. Per gli scarichi in un corso d’acqua che ha
portata naturale nulla per oltre 120 giorni ovvero in un corpo idrico non
significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e
della capacità di diluizione del corpo idrico e stabilisce prescrizioni e
limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la
difesa delle acque sotterranee.
9. In relazione alle caratteristiche tecniche dello
scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente
interessato, l’autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte
a garantire che gli scarichi, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente
connesse, siano effettuati in conformità alle disposizioni del presente decreto
e senza pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e
l’ambiente.
10. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi,
gli accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per l’istruttoria
delle domande d’autorizzazione previste dal presente decreto sono a carico del
richiedente. L’autorità competente determina, in via provvisoria, la somma che
il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di
procedibilità della domanda. L’autorità stessa, completata l’istruttoria,
provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute.
11. Per gli insediamenti soggetti a diversa
destinazione, ad ampliamento, a ristrutturazione o la cui attività sia
trasferita in altro luogo deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo
scarico, ove prevista.
46. Domanda di autorizzazione
agli scarichi di acque reflue industriali
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di
acque reflue industriali deve essere accompagnata dall’indicazione delle
caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico, della quantità di
acqua da prelevare nell’anno solare, del corpo ricettore e del punto previsto
per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema
complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente
connesse, dall’eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove
richiesto, dalla indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo
produttivo e nei sistemi di scarico, nonchè dall’indicazione dei sistemi di
depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di
emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla
tabella 3/A dell’allegato 5, la domanda di cui al comma 1 deve altresì
indicare:
a) la
capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la
produzione ovvero la trasformazione ovvero l’utilizzazione delle sostanze di
cui alla medesima tabella, ovvero la presenza di tali sostanze nello scarico.
La capacità di produzione deve essere indicata con riferimento alla massima
capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative
giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b) il
fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.
47. Approvazione degli impianti
di trattamento delle acque reflue urbane
1. Salve le disposizioni in materia di valutazione
di impatto ambientale, le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei
progetti degli impianti di depurazione di acque reflue urbane che tengono conto
dei criteri di cui all’allegato 5 e della corrispondenza tra la capacità
dell’impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità delle
gestioni che devono assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi, e
definiscono le relative fasi di autorizzazione provvisoria necessaria all’avvio
dell’impianto ovvero in caso di realizzazione per lotti funzionali.
48. Fanghi derivanti dal
trattamento delle acque reflue
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, e successive modifiche, i fanghi derivanti
dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti.
I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta ciò risulti appropriato.
2. E’ comunque vietato lo smaltimento dei fanghi
nelle acque superficiali dolci e salmastre.
3. Lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine
mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi è
autorizzato ai sensi dell’articolo 18, comma 2, lettera p-bis) del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e deve comunque cessare entro il 2003. Fino
a tale data le quantità totali di materie tossiche, persistenti ovvero bioaccumulabili,
devono essere progressivamente ridotte. In ogni caso le modalità di smaltimento
devono rendere minimo l’impatto negativo sull’ambiente.
Capo III - Controllo degli
scarichi
49. Soggetti tenuti al controllo
1. L’autorità competente effettua il controllo
degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico,
diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli preventivi e successivi.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per
gli scarichi in pubblica fognatura l’ente gestore, ai sensi dell’articolo 26
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, organizza un adeguato servizio di controllo
secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.
50. Accessi ed ispezioni
1. Il soggetto incaricato del controllo è
autorizzato a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari
all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle
prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle
condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello
scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l’accesso
ai luoghi dai quali origina lo scarico.
51. Inosservanza delle
prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico
1. Ferma restando l’applicazione delle norme
sanzionatorie di cui al Titolo V, in caso di inosservanza delle prescrizioni
dell’autorizzazione allo scarico, l’autorità competente al controllo procede,
secondo la gravità dell’infrazione:
a) alla
diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le
irregolarità;
b) alla
diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato,
ove si manifestano situazioni di pericolo per la salute pubblica e per
l’ambiente;
c) alla
revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni
imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinano
situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente.
52. Controllo degli scarichi di
sostanze pericolose
1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui
alla tabella 3/A e alla tabella 5 dell’allegato 5 l’autorità competente nel
rilasciare l’autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare,
l’installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di
gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono
rimanere a disposizione dell’autorità competente al controllo per un periodo
non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
53. Interventi sostitutivi
1. Nel caso in cui non vengano effettuati i
controlli ambientali previsti dal presente decreto, il Ministro dell’ambiente
diffida la regione a provvedere nel termine di sei mesi ovvero nel termine
imposto dalle esigenze di tutela sanitaria e ambientale. In caso di persistente
inadempienza provvede il Ministro dell’ambiente, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, in via sostitutiva, con oneri a carico dell’Ente
inadempiente.
2. Nell’esercizio dei poteri sostitutivi, il
Ministro dell’ambiente nomina un commissario ad acta che pone in essere gli
atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle
regioni al fine dell’organizzazione del sistema dei controlli.
Titolo V - Sanzioni
Capo I - Sanzioni amministrative
e danno ambientale
54. Sanzioni amministrative
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato,
nell’effettuazione di uno scarico ovvero di una immissione occasionale, supera
i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5,
ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo
28, comma 2, ovvero quelli fissati dall’autorità competente a norma
dell’articolo 34, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da lire
cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l’inosservanza dei valori limite
riguarda scarichi ovvero immissioni occasionali recapitanti nelle aree di
salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui al d.P.R.
24 maggio 1988, n. 236, così come modificato dall’articolo 21 ovvero in corpi
idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si
applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni.
2. Chiunque apre o comunque effettua scarichi di
acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici
di depurazione, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 45, ovvero continui
ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata
sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci
milioni a lire centro milioni. Nell’ipotesi di scarichi relativi ad edifici
isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da uno a cinque milioni.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato,
effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel
provvedimento di autorizzazione, ovvero per gli scarichi di cui all’articolo
33, comma 1, le prescrizioni regolamentari e le altre norme tecniche fissate
dall’ente gestore, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
due milioni a lire venticinque milioni.
4. Si applica la sanzione prevista al comma 3 a chi
effettuando al momento all’entrata in vigore del presente decreto scarichi di
acque reflue autorizzati in base alla normativa previgente, non ottempera alle
disposizioni di cui all’articolo 62, comma 12.
5. Chiunque viola le prescrizioni concernenti
l’installazione e la gestione dei controlli in automatico ovvero l’obbligo di
conservazione dei risultati degli stessi, di cui al comma 1 dell’articolo 52, è
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire
venticinque milioni.
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato,
effettua l’immersione in mare dei materiali indicati all’articolo 35, comma 1,
lettere a) e b), ovvero svolge l’attività di posa in mare cui al comma 5 dello
stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire due milioni a lire venti milioni.
7. Chiunque applica al terreno degli effluenti
zootecnici senza aver effettuato tempestivamente la comunicazione prescritta
dall’articolo 38, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria,
da lire un milioni a lire cinque milioni. Si applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni a chiunque non osserva le
prescrizioni impartite dalle autorità competente ai sensi dell’articolo 38,
comma 1, ovvero non ottempera all’ordine di sospensione dell’attività impartito
a norma dell’articolo 38, comma 3.
8. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato
non osserva il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall’articolo 48,
comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci
milioni a lire cento milioni.
9. Il titolare di uno scarico che non consente
l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai
fini di cui all’articolo 28, commi 3 e 4, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
10. Salva che il fatto non costituisca reato, è
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire
cento milioni, chiunque:
a) nell’effettuazione
delle operazioni di svaso sghiaiamento o sfangamento delle dighe, supera i
limiti o non osserva le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto
di gestione dell’impianto di cui all’articolo 40, commi 2 e 3;
b) effettua
le medesime operazioni prima dell’approvazione del progetto di gestione;
55. Modifiche al d.P.R. 24
maggio 1988, n. 236
1. Il comma 3 dell’articolo 21 del d.P.R. 24 maggio
1988, n. 236, è sostituito dal seguente: (omissis)
2. Il comma 4 dell’articolo 21 del d.P.R. 24 maggio
1988, n. 236, è così modificato: (omissis)
56. Competenza e giurisdizione
1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24
novembre 1981, n. 689, in materia di accertamento degli illeciti
amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie
provvede la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa
la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 54, commi 8 e
9, per le quali è competente il comune, salve le attribuzioni affidate dalla
legge ad altre pubbliche autorità.
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle
sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di
opposizione di cui all’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata
in vigore del presente decreto l’autorità giudiziaria, se non deve pronunziare
decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione
degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell’applicazione delle
sanzioni amministrative.
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste
dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui
all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
57. Proventi delle sanzioni
amministrative pecuniarie
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni
amministrative previste dal presente decreto, sono versate all’entrata del
bilancio regionale per essere riassegnate ai capitoli di spesa destinati alle
opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici. Le
regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di
prevenzione e di risanamento.
58. Danno ambientale, bonifica e
ripristino ambientale dei siti inquinati
1. Chi con il proprio comportamento omissivo o
commissivo in violazione delle disposizioni del presente decreto provoca un
danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre risorse ambientali,
ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è
tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai
quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai sensi e
secondo il procedimento di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22.
2. Ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio
1986, n. 349, è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno
non eliminabile con la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 1.
3. Nel caso in cui non sia possibile una precisa
quantificazione del danno di cui al comma 2, lo stesso si presume, salvo prova
contraria, di ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione
pecuniaria amministrativa, ovvero alla sanzione penale, in concreto applicata.
Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine della
quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa
e la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila lire, per un giorno
di pena detentiva. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di
emanazione del provvedimento di cui all’articolo 444 del codice di procedura
penale, la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette
copia dello stesso al Ministero dell’ambiente. Gli enti di cui al comma 1
dell’articolo 56 danno prontamente notizia dell’avvenuta erogazione delle
sanzioni amministrative al Ministero dell’ambiente al fine del recupero del
danno ambientale.
4. Chi non ottempera alle prescrizioni di cui al
comma 1, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da lire
cinque milioni a lire cinquanta milioni.
Capo II - Sanzioni penali
59. Sanzioni penali
1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi
di acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero continua ad
effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata
sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a due anni o con l’ammenda
da lire due milioni a lire quindici milioni.
2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace
chi - effettuando al momento di entrata in vigore della presente decreto
scarichi di acque reflue industriali autorizzati in base alla normativa
previgente - non ottempera alle disposizioni di cui all’art. 62, comma 12.
3. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2
riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze
pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle
tabelle 5 e 3A dell’allegato 5, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni.
4. Chiunque effettua uno scarico di acque reflue
industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei
gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dell’allegato 5 senza
osservare le prescrizioni dell’autorizzazione, ovvero le altre prescrizioni
richieste dall’autorità competente a norma dell’articolo 34, comma 3, è punito
con l’arresto sino a due anni.
5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di
acque reflue industriali, ovvero da una immissione occasionale, supera i valori
limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5 in relazione alle sostanze
indicate nella tabella 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni
o delle province autonome, è punito con l’arresto fino a due anni e con
l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati
anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3A
dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda a lire
dieci milioni a lire duecento milioni.
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano
altresì al gestore di impianti di depurazione che, per dolo o per grave
negligenza, nell’effettuazione dello scarico supera i valori limite previsti
dallo stesso comma.
7. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato
dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 10, comma 5, ovvero
dell’articolo 12, comma 2, è punito con l’ammenda da lire due milioni a lire
venti milioni.
8. Chiunque non osservi i divieti di scarico
previsti dagli articoli 29 e 30 è punito con l’arresto sino a tre anni.
9. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali
assunte a norma dell’articolo 15, commi 2 e 3, dirette ad assicurare il
raggiungimento ovvero il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque
designate ai sensi dell’articolo 14, ovvero non ottempera ai provvedimenti
adottati dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 14, comma 3, è punito
con l’arresto sino a due anni o con l’ammenda da lire sette milioni a lire
settanta milioni.
10. Nei casi previsti dal comma 7, il Ministro
della sanità e dell’ambiente, nonché la regione e la provincia autonoma
competente, ai quali sono inviati copia delle notizie di reato, possono
indipendentemente dall’esito del giudizio penale, disporre, ciascuno per quanto
di competenza, la sospensione in via cautelare dell’attività di
molluschicoltura e, a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai
sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale definitive, valutata la
gravità dei fatti, disporre la chiusura degli impianti.
11. Si applica sempre la pena dell’arresto da due
mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od
aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto
assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni
internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in
quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e
biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest’ultimo
caso l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell’autorità
competente.
60. Obblighi del condannato
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti
nel presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell’articolo 444 del
codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della
pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all’esecuzione degli
interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino di cui all’articolo 58.
61. Circostanza attenuante
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale
o dell’ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni
penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà
a due terzi.
Titolo VI - Disposizioni finali
62. Norme transitorie e finali
1. Il presente decreto contiene le norme di
recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva
75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile;
b) direttiva
76/464/CEE concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose
scaricate nell’ambiente idrico;
c) direttiva
78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o
miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva
79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e
delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
e) direttiva
79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla
molluschicoltura;
f) direttiva
80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento
provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva
82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi
di mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva
83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi
di cadmio;
i) direttiva
84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi
di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei
cloruri alcalini;
l) direttiva
84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di
esaclorocicloesano;
m) direttiva
88/347/CEE relativa alla modifica dell’allegato II della direttiva 86/280/CEE
concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di
talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della
direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva
90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze
pericolose che figurano nell’elenco I della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva
91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva
98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni
requisiti dell’allegato I.
2. Le previsioni del presente decreto possono
essere derogate solo temporaneamente e in caso di comprovate circostanze
eccezionali, per motivi di sicurezza idraulica volti ad assicurare l’incolumità
delle popolazioni.
3. Le regioni definiscono, in termini non inferiori
a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle
adottate ai sensi dell’articolo 28, comma 2, contenute nella legislazione
regionale attuativa del presente decreto e nei piani di tutela di cui
all’articolo 44, comma 3.
4. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 36
della legge 24 aprile 1998, n.128 e relativi decreti legislativi di attuazione
della direttiva 96/92/CE.
5. L’abrogazione degli articoli 16 e 17 della legge
10 maggio 1976, n. 319, così come modificato ed integrato, quest’ultimo,
dall’articolo 2, commi 3 e 3-bis, del decreto legge 17 marzo 1995, n.79,
convertito, con modificazioni, della legge 17 maggio 1995, n.172, ha effetto
dall’applicazione della tariffa del servizio idrico integrato di cui agli
articoli 13 e seguenti della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
6. Il canone o diritto di cui all’articolo 16 della
legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni continua ad applicarsi
in relazione ai presupposti di imposizione verificatisi anteriormente all’abrogazione
del tributo ad opera del presente decreto. Per l’accertamento e la riscossione
si osservano le disposizioni relative al tributo abrogato.
7. Per quanto non espressamente disciplinato dal
presente decreto, continuano ad applicarsi le norme tecniche di cui alla
delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle acque del 4
febbraio 1977 e successive modifiche ed integrazioni, pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale n. 48 del 21 febbraio 1977.
8. Le norme regolamentari e tecniche emanate ai
sensi delle disposizioni abrogate con l’articolo 63 restano in vigore, ove
compatibili con gli allegati al presente decreto e fino all’adozione di
specifiche normative in materia.
9. Le aziende agricole esistenti tenute al rispetto
del codice di buona pratica agricola ai sensi dell’articolo 19, comma 5, devono
provvedere all’adeguamento delle proprie strutture entro due anni dalla data di
designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
10. Fino all’emanazione del decreto di cui
all’articolo 38, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate
secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
11. Fatte salve le disposizioni specifiche previste
dal presente decreto, i titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla
nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, anche nel caso di scarichi per i quali l’obbligo di autorizzazione è
stato introdotto dalla presente normativa. I titolari degli scarichi esistenti
e autorizzati procedono alla richiesta di autorizzazione in conformità alla
presente normativa allo scadere dell’autorizzazione e comunque non oltre
quattro anni dall’entrata in vigore del presente decreto.
12. Coloro che effettuano scarichi già esistenti di
acque reflue, sono obbligati, fino al momento nel quale devono osservare i
limiti di accettabilità stabiliti dal presente decreto, ad adottare le misure
necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell’inquinamento. Essi sono
comunque tenuti ad osservare le norme tecniche e le prescrizioni stabilite
dalle regioni, dall’ente gestore delle fognature e dalle altre autorità
competenti in quanto compatibili con le disposizioni relative alla tutela
qualitativa e alle scadenze temporali del presente decreto e, in particolare,
con quanto già previsto dalla normativa previgente.
13. Dall’attuazione del presente decreto non devono
derivare maggiori oneri o minori entrate a carico del bilancio dello Stato,
fatto salvo quanto previsto dal comma 14.
14. Le regioni, le provincie autonome e gli enti
attuatori provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto anche sulla
base di risorse finanziarie definite da successive disposizioni di
finanziamento nazionali e comunitarie.
15. All’articolo 6, comma 1, del decreto legge 25
marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997,
n.135, così come sostituito dall’articolo 8, comma 2, della legge 8 ottobre
1997, n. 344, le parole: “ tenendo conto della direttiva 91/271/CEE del Consiglio
del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane sono
sostituite dalle seguenti tenendo conto del decreto legislativo recante
disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della
direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e
della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agricole.
63. Abrogazione
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3,
comma 2, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono
abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
-
legge 10 maggio 1976, n. 319;
-
legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
-
legge 24 dicembre 1979, n. 650;
-
legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
-
d.P.R. 3 luglio 1982, n. 515;
-
legge 25 luglio 1984, n. 381 di conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
-
gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71 di
conversione in legge,con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n.
16;
-
decreto legislativo 25 gennaio, 1992, n. 130;
-
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 131;
-
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 132;
-
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 133;
-
art. 2, comma 1, legge 6 dicembre 1993, n. 502, di
conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n.
408;
-
art. 9-bis, legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione
in legge, con modificazioni, del-decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
-
legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79.
2. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli effetti
finanziari derivanti dai provvedimenti di cui al comma 1.
ALLEGATI:
ALLEGATO 1: Monitoraggio
e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità
ambientale.
ALLEGATO 2: Criteri
per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale.
ALLEGATO 3: Rilevamento
delle caratteristiche dei bacini idrografici e analisi dell’impatto esercitato
dall’attività antropica.
ALLEGATO 4: Contenuti dei piani di
tutela dei bacini idrografici.
ALLEGATO 5: Limiti di emissione degli
scarichi idrici.
ALLEGATO 6: Criteri
per la definizione delle aree sensibili.
ALLEGATO 7: Zone
vulnerabili.
ALLEGATO 1:
MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE IN
FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE
1 CORPI IDRICI
SIGNIFICATIVI
1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI
1.1.1 Corsi d'acqua superficiali
1.1.2 Laghi
1.1.3 Acque marine costiere
1.1.4 Acque di transizione
1.1.5 Corpi idrici artificiali
1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI
1.2.1 Acque sotterranee
2 OBIETTIVI DI
QUALITÀ AMBIENTALE
2.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI
2.1.1 Stato ecologico
2.1.2 Stato chimico
2.1.3 Stato ambientale
2.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI
2.2.1 Stato ambientale
3 MONITORAGGIO E
CLASSIFICAZIONE: ACQUE SUPERFICIALI
3.1 ORGANIZZAZIONE DEL MONITORAGGIO
3.1.1 Fase conoscitiva
3.1.2 Fase a regime
3.2 CORSI D’ACQUA
3.2.1 Indicatori di qualità e analisi da effettuare
3.2.2 Campionamento (omissis)
3.2.3 Classificazione (omissis)
3.2.4 Attribuzione dello stato di qualità ambientale
3.3 LAGHI (omissis)
3.4 ACQUE MARINE COSTIERE (omissis)
3.5 ACQUE DI TRANSIZIONE (omissis)
3.6 CORPI IDRICI ARTIFICIALI (omissis)
4 MONITORAGGIO E
CLASSIFICAZIONE: ACQUE SOTTERRANEE
4.1 ORGANIZZAZIONE DEL MONITORAGGIO
4.1.1 Fase conoscitiva
4.1.2 Fase a regime
4.2 INDICATORI DI QUALITA' ED ANALISI DA EFFETTUARE
4.2.1 Fase iniziale
4.2.2 Fase a regime
4.3 MISURE
4.4 CLASSIFICAZIONE
4.4.1 Stato quantitativo
4.4.2 Stato chimico
4.4.3 Stato ambientale delle acque sotterranee
Il presente allegato stabilisce, ai sensi degli articoli 4 e 5 , i
criteri per individuare i corpi idrici significativi e per stabilire lo stato
di qualità ambientale di ciascuno di essi.
Il presente allegato sostituisce l’allegato 1 della delibera del
Comitato dei ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4
febbraio 1977 per la parte relativa ai criteri per il monitoraggio quali
quantitativo dei corpi idrici.
1. CORPI IDRICI SIGNIFICATIVI
Sono corpi idrici significativi quelli che le autorità competenti
individuano sulla base delle indicazioni contenute nel presente allegato e che
conseguentemente vanno monitorati e classificati al fine del raggiungimento
degli obiettivi di qualità ambientale.
Le caratteristiche dei corpi idrici significativi sono indicate nei
punti 1.1 e 1.2.
Devono inoltre essere censiti, monitorati e classificati anche tutti
quei corpi idrici che, per valori naturalistici e/o paesaggistici o per
particolari utilizzazioni in atto, hanno rilevante interesse ambientale.
Devono altresì essere monitorati e classificati tutti quei corpi
idrici che, per il carico inquinante da essi convogliato, possono avere una
influenza negativa rilevante sui corpi idrici significativi.
1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI
1.1.1 CORSI D’ACQUA SUPERFICIALI
Per i corsi d’acqua che sfociano in mare il limite delle acque
correnti coincide con l’inizio della zona di foce, corrispondente alla sezione
del corso d’acqua più lontana dalla foce, in cui con bassa marea ed in periodo
di magra si riscontra, in uno qualsiasi dei suoi punti, un sensibile aumento del
grado di salinità. Tale limite viene identificato per ciascun corso d’acqua.
Vanno censiti, secondo le modalità che saranno stabiliti, stabilite
nel decreto di cui all’articolo 3 comma 7, tutti i corsi d’acqua naturali
aventi un bacino idrografico superiore a 10 km2.
Sono significativi almeno i seguenti corsi d’acqua:
·
tutti
i corsi d’acqua naturali di primo ordine (cioè quelli recapitanti direttamente
in mare) il cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore di 200 km2 ;
·
tutti
i corsi d’acqua naturali di secondo ordine o superiore il cui bacino imbrifero
abbia una superficie maggiore a 400 km2 .
Non sono significativi i corsi d’acqua che per motivi naturali hanno
avuto portata uguale a zero per più di 120 giorni l’anno, in un anno idrologico
medio.
1.1.2 LAGHI
Le raccolte di acque lentiche non temporanee. I laghi sono: a)
naturali aperti o chiusi, a seconda che esista o meno un emissario; b) naturali
ampliati e/o regolati, se provvisti all’incile di opere di regolamentazione
idraulica;
Sono significativi i
laghi aventi superficie dello specchio liquido pari a 0,5 km2 o
superiore. Tale superficie è riferita al periodo di massimo invaso.
1.1.3 ACQUE MARINE COSTIERE
Sono significative le acque marine comprese entro la distanza di 3.000
metri dalla costa e comunque entro la batimetrica dei 50 metri.
1.1.4 ACQUE DI TRANSIZIONE
Sono acque di transizione le acque delle zone di delta ed estuario e
le acque di lagune, di laghi salmastri e di stagni costieri.
Sono significative le
acque delle lagune, dei laghi salmastri e degli stagni costieri. Le zone di
delta ed estuario vanno invece considerate come corsi d’acqua superficiali.
1.1.5 CORPI IDRICI ARTIFICIALI
Sono i laghi o i serbatoi, se realizzati mediante manufatti di
sbarramento, e i canali artificiali (canali irrigui o scolanti, industriali,
navigabili, ecc.) fatta esclusione dei canali appositamente costruiti per
l’allontanamento delle acque reflue urbane ed industriali.
Sono considerati significativi tutti i canali artificiali aventi
portata di esercizio di almeno 3 m3/s e i laghi artificiali o i
serbatoi aventi superficie dello specchio liquido almeno pari a 1 km2 o
con volume di invaso almeno pari a 5 milioni di m3. Tale superficie
è riferita al periodo di massimo invaso.
1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI
1.2.1 ACQUE SOTTERRANEE
Sono significativi gli accumuli d’acqua contenuti nel sottosuolo
permeanti la matrice rocciosa, posti al di sotto del livello di saturazione
permanente.
Fra esse ricadono le falde freatiche e quelle profonde (in pressione o
no) contenute in formazioni permeabili, e, in via subordinata, i corpi d’acqua
intrappolati entro formazioni permeabili con bassa o nulla velocità di flusso.
Le manifestazioni sorgentizie, concentrate o diffuse (anche subacquee) si
considerano appartenenti a tale gruppo di acque in quanto affioramenti della
circolazione idrica sotterranea.
Non sono significativi gli orizzonti saturi di modesta estensione e
continuità all’interno o sulla superficie di una litozona poco permeabile e di
scarsa importanza idrogeologica e irrilevante significato ecologico.
2 OBIETTIVI DI QUALITÀ
AMBIENTALE
2.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI
Lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici superficiali è
definito sulla base dello stato ecologico e dello stato chimico del corpo
idrico.
2.1.1 Stato ecologico
Lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali è l’espressione della
complessità degli ecosistemi acquatici, e della natura fisica e chimica delle
acque e dei sedimenti, delle caratteristiche del flusso idrico e della
struttura fisica del corpo idrico, considerando comunque prioritario lo stato
degli elementi biotici dell’ecosistema.
Gli elementi chimici che saranno considerati per la definizione dello
stato ecologico saranno, a seconda del corpo idrico, i parametri chimici e
fisici di base relativi al bilancio dell’ossigeno ed allo stato trofico.
Al fine di una valutazione completa dello stato ecologico, oltre
all’utilizzo dell’indice biotico esteso (I.B.E.) per i corsi d’acqua
superficiali, sarà necessario utilizzare i metodi per la rilevazione e la
valutazione della qualità degli elementi biologici e di quelli morfologici dei
corpi idrici che dovranno essere messi a punto dall’ANPA.
2.1.2 Stato chimico
Lo stato chimico è definito in base alla presenza di microinquinanti
ovvero di sostanze chimiche pericolose.
La valutazione dello stato chimico dei corpi idrici superficiali è
effettuata inizialmente in base ai valori soglia riportate nella direttiva
76/464/CEE e nelle direttive da essa derivate, nelle parti riguardanti gli
obiettivi di qualità nonché nell’allegato 2 sezione B; nel caso che per gli
stessi parametri siano riportati valori diversi, deve essere considerato il più
restrittivo.
Alla successiva tabella 1 sono riportati i principali inquinanti
chimici.
L’aggiornamento dei valori per i parametri indicati nella tabella 1 e
la definizione di quelli relativi ad altri composti non inclusi nella tabella,
pubblicato con successivi decreti, sarà effettuato sulla base dei risultati
relativi alle LC50 o EC50, risultanti dai test tossicologici su ognuno dei tre
livelli trofici, ridotti con opportuni fattori di sicurezza e in base alle
indicazioni fornite dalla Unione Europea.
Al fine di una valutazione completa dello stato chimico, in
particolare per quei microinquinanti che presentano una loro maggior affinità
coi sedimenti rispetto alla matrice acquosa e/o per la alta capacità di
diluizione dei corpi idrici aperti come il mare, non si trovano in
concentrazioni significative nelle acque, pur avendo potenziali effetti tossici
sugli organismi a causa di fenomeni di bioaccumulo, dovranno essere messi a
punto, da parte dell’ANPA, metodi per la rilevazione e la valutazione della
qualità dei sedimenti, nonché per la valutazione degli effetti sulle componenti
biotiche degli ecosistemi .
Tali criteri integreranno anche quelli già adottati relativi agli
altri corpi idrici superficiali, soprattutto per quanto riguarda quelli a basso
ricambio.
Tabella 1 - Principali
inquinanti chimici da controllare nelle acque dolci superficiali
INORGANICI (disciolti) (1) |
ORGANICI ( sul tal quale) |
Cadmio |
aldrin |
Cromo totale |
dieldrin |
Mercurio |
endrin |
Nichel |
isodrin |
Piombo |
DDT |
Rame |
esaclorobenzene |
Zinco |
esaclorocicloesano |
|
esaclorobutadiene |
|
1,2 dicloroetano |
|
tricloroetilene |
|
triclorobenzene |
|
cloroformio |
|
tetracloruro di carbonio |
|
percloroetilene |
|
pentaclorofenolo |
(1)
se è accertata l’origine naturale di sostanze inorganiche, la loro presenza non
compromette l’attribuzione di una classe di qualità definita dagli altri
parametri.
2.1.3 Stato ambientale
Lo stato ambientale è definito in relazione al grado di scostamento
rispetto alle condizioni di un corpo idrico di riferimento definito al
successivo punto 2.1.4.
Gli stati di qualità ambientale previsti per le acque superficiali
sono riportati alla tabella 2.
Tabella 2 – Definizione dello
stato ambientale per i corpi idrici superficiali
ELEVATO |
Non si
rilevano alterazioni dei valori di qualità degli elementi chimico-fisici ed
idromorfologici per quel dato tipo di corpo idrico in dipendenza degli impatti
antropici, o sono minime rispetto ai valori normalmente associati allo stesso
ecotipo in condizioni indisturbate. La qualità biologica sarà caratterizzata
da una composizione e un’abbondanza di specie corrispondente totalmente o
quasi alle condizioni normalmente associate allo stesso ecotipo. La
presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è paragonabile alle
concentrazioni di fondo rilevabili nei corpi idrici non influenzati da alcuna
pressione antropica. |
BUONO |
I
valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico
mostrano bassi livelli di alterazione derivanti dall’attività umana e si
discostano solo leggermente da quelli normalmente associati allo stesso
ecotipo in condizioni non disturbate La
presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni
da non comportare effetti a breve e lungo termine sulle comunità biologiche
associate al corpo idrico di riferimento. |
SUFFICIENTE |
I
valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico
si discostano moderatamente da quelli di norma associati allo stesso ecotipo
in condizioni non disturbate. I valori mostrano segni di alterazione
derivanti dall’attività umana e sono sensibilmente più disturbati che nella
condizione di "buono stato" La
presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni
da non comportare effetti a breve e lungo termine sulle comunità biologiche
associate al corpo idrico di riferimento. |
SCADENTE |
Si
rilevano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità
biologica del tipo di corpo idrico superficiale, e le comunità biologiche
interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al
tipo di corpo idrico superficiale inalterato. La
presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni
da comportare effetti a medio e lungo termine sulle comunità biologiche
associate al corpo idrico di riferimento. |
PESSIMO |
I
valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico
superficiale presentano alterazioni gravi e mancano ampie porzioni delle
comunità biologiche di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale
inalterato La
presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni
tali da causare gravi effetti a breve e lungo termine sulle comunità
biologiche associate al corpo idrico di riferimento. |
2.1.3.1 Corpi idrici di riferimento
Il corpo idrico di riferimento è quello con caratteristiche
biologiche, idromorfologiche, e fisico-chimiche. tipiche di un corpo idrico
relativamente immune da impatti antropici.
I corpi idrici di riferimento sono individuati, anche in via teorica,
in ogni bacino idrografico, dalle autorità di bacino o dalle regioni per i
bacini di competenza.
Per quanto riguarda i corsi d’acqua naturali ed i laghi dovranno
essere individuati almeno un corpo idrico di riferimento per l’ecotipo montano
ed uno per l’ecotipo di pianura.
Tale ecotipo serve a definire le condizioni di riferimento per lo
stato ambientale "Elevato" e per riformulare i limiti indicati nel
presente allegato per i parametri chimici, fisici ed idromorfologici relativi
ai diversi stati di qualità ambientale.
2.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI
Lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici sotterranei è definito
sulla base dello stato quantitativo e dello stato chimico: tale classificazione
deve essere riferita ad ogni singolo acquifero individuato.
Per la classificazione quantitativa e chimica bisogna riferirsi alle
indicazioni riportate ai punti 4.4.1 e 4.4.2.
2.2.1 Stato ambientale
Per le acque sotterranee sono definiti 5 stati di qualità ambientale,
come riportato nella tabella 3.
Tabella 3 – Definizioni dello
stato ambientale per le acque sotterranee.
ELEVATO |
Impatto
antropico nullo o trascurabile sulla qualità e quantità della risorsa, con
l’eccezione di quanto previsto nello stato naturale particolare; |
BUONO |
Impatto
antropico ridotto sulla qualità e/o quantità della risorsa; |
SUFFICIENTE |
Impatto
antropico ridotto sulla quantità, con effetti significativi sulla qualità tali
da richiedere azioni mirate ad evitarne il peggioramento; |
SCADENTE |
Impatto
antropico rilevante sulla qualità e/o quantità della risorsa con necessità di
specifiche azioni di risanamento; |
NATURALE PARTICOLARE |
Caratteristiche
qualitative e/o quantitative che pur non presentando un significativo impatto
antropico, presentano limitazioni d’uso della risorsa per la presenza
naturale di particolari specie chimiche o per il basso potenziale
quantitativo. |
3 MONITORAGGIO E
CLASSIFICAZIONE: ACQUE SUPERFICIALI
3.1 ORGANIZZAZIONE DEL
MONITORAGGIO
Il monitoraggio si articola in una fase conoscitiva iniziale che ha
come scopo la classificazione dello stato di qualità ambientale dei corpi
idrici ed in una fase a regime in cui viene effettuato un monitoraggio volto a verificare
il raggiungimento ovvero il mantenimento dell’obiettivo di qualità
"buono" di cui all’articolo 4.
3.1.1 Fase conoscitiva
La fase conoscitiva iniziale ha la durata di 24 mesi ed ha come
finalità la classificazione dello stato di qualità di ciascun corpo idrico; in
base ad esso le autorità competenti definiscono, nell’ambito del piano di
tutela, le misure necessarie per il raggiungimento o il mantenimento
dell’obiettivo di qualità ambientale.
La fase conoscitiva iniziale, ha altresì lo scopo di raccogliere tutte
le informazioni utili alla valutazione degli elementi biologici e
idromorfologici necessari a definire più compiutamente lo stato ecologico dei
corpi idrici superficiali, nonché per valutare le informazioni relative alla
contaminazione da microinquinanti dei sedimenti e del biota, in particolare per
quanto riguarda le acque costiere e le acque di transizione.
Le informazioni pregresse non antecedenti il 1997, possono essere
utilizzate – se compatibili con quelle richieste nel presente allegato - in
sostituzione o integrazione delle analisi previste nella fase iniziale del
monitoraggio per l’attribuzione dello stato di qualità.
3.1.2 Fase a regime
Se i corpi idrici hanno raggiunto l’obiettivo "Buono" o
"Elevato", il monitoraggio può essere ridotto ai soli parametri
riportati in tabella 4. L’autorità competente, in relazione allo stato dei
corsi d’acqua, può variare la frequenza dei campionamenti e il numero delle
stazioni della rete di rilevamento.
Le autorità competenti armonizzano e ricercano la miglior integrazione
possibile tra le diverse iniziative di controllo delle acque (monitoraggio per
la balneazione, per la produzione di acqua potabile, per la vita dei pesci, ed
altri), al fine di ottimizzare l’impiego di risorse umane e finanziarie.
Deve inoltre essere predisposto, presso ogni ARPA, o comunque presso
ogni regione in attesa che venga costituita l’ARPA, un sistema di pronto
intervento in grado di monitorare gli effetti ed indagare sulle cause di
fenomeni acuti di inquinamento causati da episodi accidentali o dolosi.
3.2 CORSI D’ACQUA
3.2.1 Indicatori di qualità e analisi da effettuare
Ai fini della prima classificazione della qualità dei corsi d’acqua
vanno eseguite determinazioni sulla matrice acquosa e sul biota; qualora ne
ricorra la necessità, così come indicato successivamente nei punti relativi
agli specifici corpi idrici, tali determinazioni possono essere integrate da
indaginisui sedimenti e da test di tossicità.
Le determinazioni necessarie per il sistema di classificazione sono
condotte sui campioni e con le frequenze indicate nella sezione 3.2.2.
3.2.1.1 Acque
Le determinazioni sulla matrice acquosa riguardano due gruppi di
parametri, quelli di base e quelli addizionali.
I parametri di base, riportati in tabella 4, riflettono le pressioni
antropiche tramite la misura del carico organico, del bilancio dell’ossigeno,
dell’acidità, del grado di salinità e del carico microbiologico nonché le
caratteristiche idrologiche del trasporto solido. I parametri definiti
macrodescritori e indicati con (o) nella tabella 4 vengono utilizzati la
classificazione; gli altri parametri servono a fornire informazioni di supporto
per la interpretazione delle caratteristiche di qualità e di vulnerabilità del
sistema nonché per la valutazione dei carichi trasportati.
La determinazione dei parametri di base è obbligatoria.
I parametri addizionali sono relativi ai microinquinanti organici ed
inorganici; quelli di più ampio significato ambientale è sono riportati nella
tabella 1.
La selezione dei parametri da esaminare è effettuata dall’autorità
competente caso per caso, in relazione alle criticità conseguenti agli usi del
territorio.
Le analisi dei parametri addizionali vanno effettuate ove l’Autorità
competente lo ritenga necessario e comunque nel caso in cui:
a seguito delle attività delle indagini conoscitive di cui
all’allegato 3 si individuino sorgenti puntuali e diffuse o si abbiano
informazioni pregresse e attuali su sorgenti puntuali e diffuse che apportino
una o più specie di tali inquinanti nel corpo idrico; dati recenti dimostrino livelli
contaminazione, da parte di tali sostanza, delle acque e del biota o segni di
incremento delle stesse nei sedimenti
Tabella 4 - Parametri di base
(con (o) sono indicati i parametri macrodescrittori utilizzati per la
classificazione)
Portata (m3/s) |
Ossigeno disciolto (mg/L) ** (o) |
pH |
BOD5 (O2 mg/L) ** (o) |
Solidi sospesi (mg/L) |
COD (O2 mg/L) ** (o) |
Temperatura (°C) |
Ortofosfato (P mg/L) * |
Conducibilità (m S/ cm (20°C)) ** |
Fosforo Totale (P mg/L) ** (o) |
Durezza (mg/L di CaCO3) |
Cloruri (Cl- mg/L) * |
Azoto totale (N mg/L) ** |
Solfati (SO4 - - mg/L)* |
Azoto ammoniacale (N mg/L) *(o) |
Escherichia coli (UFC/100 mL) (o) |
Azoto nitrico (N mg/L) *(o) |
|
(*) determinazione sulla fase disciolta (**) determinazione sul campione
tal quale
3.2.1.2 Biota
Le determinazioni sul biota riguardano due gruppi di analisi:
Analisi di base: gli impatti antropici sulle comunità animali dei
corsi d’acqua vengono valutati attraverso l’Indice Biotico Esteso (I.B.E.).
Tale analisi va eseguita obbligatoriamente con le cadenze indicate al punto
3.2.2.2.
Analisi supplementari: non obbligatorie, da eseguire a giudizio
dell’autorità che effettua il monitoraggio, per una analisi più approfondita
delle cause di degrado del corpo idrico. A tal fine possono essere effettuati
saggi biologici finalizzati alla evidenziazione di effetti a breve o lungo
termine. Tra questi in via prioritaria si segnalano:
·
test
di tossicità su campioni acquosi concentrati su Daphnia magna;
·
test
di mutagenicità e teratogenesi su campioni acquosi concentrati;
·
test
di crescita algale;
·
test
su campioni acquosi concentrati con batteri bioluminescenti;
In aggiunta si segnala l’opportunità di effettuare determinazioni di
accumulo di contaminanti prioritari (PCB, DDT e Cd) su tessuti muscolari di
specie ittiche residenti o su organismi macrobentonici.
3.2.1.3 Sedimenti
Le analisi sui sedimenti sono da considerarsi come analisi
supplementari eseguite per avere, se necessario, ulteriori elementi conoscitivi
utili a determinare le cause di degrado ambientale di un corso d’acqua.
Le autorità preposte al monitoraggio devono, nel caso, selezionare i
parametri da ricercare, prioritariamente tra quelli riportati nella tabella 5
e, se necessario, includerne altri, considerando le condizioni geografiche ed
idromorfologiche del corso d’acqua, i fattori di pressione antropica cui è
sottoposto e la tipologia degli scarichi immessi.
Le determinazioni sui sedimenti vanno fatte in particolare per
ricercare quegli inquinanti che presentano una maggior affinità con i sedimenti
rispetto che alla matrice acquosa.
Qualora sia necessaria un’analisi più approfondita volta a evidenziare
gli effetti tossici a breve o a lungo termine si potranno effettuare dei saggi
biologici sui sedimenti. Gli approcci possibili sono molteplici e riconducibili
a tre soluzioni fondamentali:
saggi su estratti di sedimento saggi sul sedimento in toto saggi su acqua interstiziale
Ogni soluzione offre informazioni peculiari e pertanto l’applicazione
congiunta di più tipi di saggio spesso garantisce le informazioni volute.
Possono essere utilizzati organismi acquatici, sia in saggi acuti che
(sub)cronici. In via prioritaria si segnalano: Oncorhynchus mykiss, Daphnia
magna, Ceriodaphnia dubia, Chironomus tentans e C.riparius, Selenastrum
capricornutum e batteri luminescenti.
Tabella 5 - Microinquinanti e
sostanze pericolose di prima priorità da ricercare nei sedimenti
Inorganici e Metalli |
Organici () |
Arsenico |
Policlorobifenili (PCB) |
Cadmio |
Diossine (TCDD) |
Zinco |
Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) |
Cromo totale |
Pesticidi organoclorurati |
Mercurio |
|
Nichel |
|
Piombo |
|
Rame |
|
3.2.2 Campionamento (omissis)
3.2.3 Classificazione (omissis)
3.2.4 Attribuzione dello stato di qualità
ambientale
Al fine della attribuzione dello stato ambientale del corso d’acqua i
dati relativi allo stato ecologico andranno rapportati con i dati relativi alla
presenza degli inquinanti chimici indicati in tabella 1, secondo lo schema
riportato alla Tabella 9:
Tabella 9 - Stato ambientale dei
corsi d’acqua
Stato Ecologico Þ |
Classe 1 |
Classe 2 |
Classe 3 |
Classe 4 |
Classe 5 |
Concentrazione inquinanti di cui alla Tabella 1 ß |
|
|
|
|
|
< = Valore Soglia |
ELEVATO |
BUONO |
SUFFICIENTE |
SCADENTE |
PESSIMO |
> Valore Soglia |
SCADENTE |
SCADENTE |
SCADENTE |
SCADENTE |
PESSIMO |
Se lo stato ambientale da attribuire alla sezione di corpo idrico
risulta inferiore a "Buono", devono essere effettuati accertamenti
successivi finalizzati alla individuazione delle cause del degrado alla
definizione delle azioni di risanamento.
Tali accertamenti,
soprattutto se il risultato derivante dall’I.B.E. è significativamente peggiore
della classificazione derivante dai dati dei macrodescrittori e degli eventuali
parametri addizionali, devono includere analisi supplementari volte a
verificare la presenza di sostanze pericolose non ricercate in precedenza
ovvero l’esistenza di eventuali effetti di tipo tossico su organismi acquatici,
ovvero di fenomeni di accumulo di contaminanti nei sedimenti e nel biota
L’eventuale evidenziazione di situazioni di tossicità per gli
organismi testati e/o evidenze di bioaccumulo sugli stessi portano ad
attribuire lo stato ambientale scadente.
3.3 LAGHI (omissis)
3.4 ACQUE MARINE COSTIERE (omissis)
3.5 ACQUE DI TRANSIZIONE (omissis)
4 MONITORAGGIO E
CLASSIFICAZIONE: ACQUE SOTTERRANEE
4.1 ORGANIZZAZIONE DEL
MONITORAGGIO
Per le attività di monitoraggio e classificazione dello stato di un
corpo idrico sotterraneo è necessaria una preventiva ricostruzione del modello
idrogeologico, secondo le indicazioni di cui all’allegato 3, in termini di:
individuazione e parametrizzazione dei principali acquiferi; definizione delle modalità di
alimentazione-deflusso-recapito; identificazione dei rapporti tra acque superficiali
ed acque sotterranee; individuazione dei punti d’acqua (pozzi, sorgenti, emergenze); determinazione delle
caratteristiche idrochimiche; identificazione delle caratteristiche di utilizzo delle acque.
Il modello idrogeologico deve essere periodicamente aggiornato sulla
base delle nuove conoscenze e delle attività di monitoraggio. La rilevazione
dei dati sullo stato quantitativo e chimico deve essere riferita agli acquiferi
individuati.
Il monitoraggio delle acque sotterranee è articolato in una fase
conoscitiva iniziale ed una fase di monitoraggio a regime.
La fase conoscitiva iniziale e di base viene effettuata rispettando le
indicazioni riportate all’allegato 3.
Il monitoraggio si articola temporalmente in due fasi:
4.1.1 Fase conoscitiva
La prima di caratterizzazione sommaria, propedeutica alla sotto fase
successiva e utile ad una conoscenza dello stato chimico delle acque
sotterranee, è finalizzata ad una analisi di inquadramento generale attraverso
la ricerca di un gruppo ridotto di parametri chimici, fisici e microbiologici;
ciò che consenta tra l’altro l’individuazione delle aree critiche, di quelle
potenzialmente soggette a crisi e di quelle naturalmente protette, secondo le
indicazioni riportate all’allegato 3.
Se si dispone di serie storiche continuative di dati, purché non
antecedenti il 1996, queste possono essere utilizzate in sostituzione o ad
integrazione delle analisi previste nella fase iniziale del monitoraggio.
Per la successiva sotto fase, sulla base dei risultati della
caratterizzazione sommaria, nonché delle conoscenze acquisite durante tale fase
sulla situazione idrogeologica e di antropizzazione del territorio, l’Autorità
competente individuerà i punti d’acqua ritenuti significativi per la
classificazione preliminare o comunque su quelli di interesse locale va
eseguito il monitoraggio per la caratterizzazione dell’acquifero; oltre alle
misure quantitative (livello, portata), vanno eseguite le analisi dei
"parametri di base" riportati nella Tabella 18.
4.1.2 Fase a regime
Il monitoraggio nella fase a regime ha come scopo l’analisi del
comportamento e delle modificazioni nel tempo dei sistemi acquiferi. Sulla base
dei risultati della fase conoscitiva e delle conoscenze accumulate dovrà essere
individua una rete di punti d’acqua significativi e rappresentativi delle
condizioni idrogeologiche, antropiche, di inquinamento in atto, delle azioni di
risanamento intraprese su cui compiere un sistematico e periodico monitoraggio
chimico e quantitativo secondo i criteri indicati al punto 4.2.
Il monitoraggio quantitativo va eseguito, per le acque utilizzate, dal
concessionario o dal gestore, che deve rendere disponibili i dati su opportuno
supporto magnetico per l’autorità preposta al controllo.
4.2 INDICATORI DI QUALITÀ ED
ANALISI DA EFFETTUARE
4.2.1 Fase iniziale
4.2.1.1 Misure quantitative
Il monitoraggio quantitativo ha come finalità e quella di acquisire le
informazioni relative ai vari acquiferi, necessarie per la definizione del
bilancio idrico di un bacino. Inoltre dovrà permettere di caratterizzare i
singoli acquiferi in termini di potenzialità, produttività e grado di
sfruttamento.
Questo tipo di rilevamento è basato sulla determinazione dei seguenti
parametri fondamentali:
livello piezometrico; portate delle sorgenti o emergenze naturali delle acque sotterranee.
A discrezione delle autorità competenti potranno essere monitorati
altri parametri specifici, scelti in funzione della specificità dei singoli
acquiferi e delle attività presenti sul territorio come ad esempio i movimenti
verticali del livello del suolo.
I dati desunti dalle attività di monitoraggio dovranno essere
opportunamente elaborati dalle regioni al fine di definire e parametrizzare i
seguenti indicatori generali, da utilizzare per la classificazione:
morfologia della superficie piezometrica; escursioni piezometriche; variazioni delle direzioni di
flusso; entità
dei prelievi; variazioni
delle portate delle sorgenti o emergenze naturali delle acque sotterranee; variazioni dello stato chimico
indotto dai prelievi; movimenti verticali del livello del suolo connesse all’estrazione di
acqua dal sottosuolo
4.2.1.2 Misure chimiche
La fase iniziale del monitoraggio dura 24 mesi ed ha la finalità di
caratterizzare l’acquifero. Il rilevamento della qualità del corpo idrico
sotterraneo è basato sulla determinazione dei "parametri di base"
riportati nella Tabella 19. I parametri di tabella evidenziati con il simbolo
(o) saranno utilizzati per la classificazione in base a quanto indicato in
Tabella 20.
Le autorità competenti devono analizzare i parametri addizionali
relativi a inquinanti specifici, individuati in funzione dell’uso del suolo,
delle attività presenti sul territorio, in considerazione della vulnerabilità
della risorsa e della tutela degli ecosistemi connessi oppure di particolari
caratteristiche ambientali. Un lista di tali inquinanti con l’indicazione dei
relativi valori di soglia è riportata nella tabella 21.
Tabella 19 - Parametri di base
(con (o) sono indicati i parametri macrodescrittori utilizzati per la
classificazione).
Temperatura (°C) |
Potassio (mg/L) |
Durezza totale (mg/L CaCO3) |
Sodio (mg/L) |
Conducibilità elettrica (m S/cm (20°C)) (o) |
Solfati (mg/L) come SO4 (o) |
Bicarbonati (mg/L) |
Ione ammonio (mg/L) come NH4 (o) |
Calcio (mg/L) |
Ferro (mg/L) (o) |
Cloruri (mg/L) (o) |
Manganese (mg/L) (o) |
Magnesio (mg/L) |
Nitrati (mg/L) come NO3 (o) |
4.2.2 Fase a regime
Nella fase a regime sulla rete di monitoraggio individuata in base ai
risultati della fase conoscitiva iniziale vanno proseguite le misure sui
parametri di base precedentemente utilizzati al punto 4.2.1.2. Si ritiene
necessario considerare un periodo iniziale di riferimento di almeno cinque anni
per poter definire le tendenze evolutive del corpo idrico.
Per le misure chimiche vanno inoltre monitorati tutti quei parametri
relativi ad inquinanti inorganici o organici individuati dall’autorità preposta
al controllo, in ragione delle condizioni dell’acquifero e della sua
vulnerabilità, dell’uso del suolo e delle attività antropiche caratteristiche
del territorio.
4.3 MISURE
Per quanto riguarda gli aspetti quantitativi, su un numero ridotto di
punti significativi appartenenti alle reti di monitoraggio individuate, le
misure dovranno essere eseguite con cadenza mensile e sui pozzi, sui
piezometri. Le misure sulle sorgenti dovranno essere anche più ravvicinate in
ragione dei tempi di esaurimento della sorgente stessa.
Per quanto riguarda le analisi chimiche dovranno essere eseguite, sia
nella fase iniziale che per quella a regime, con cadenza semestrale in
corrispondenza dei periodi di massimo e minimo deflusso delle acque
sotterranee.
4.4 CLASSIFICAZIONE
Lo stato ambientale delle acque delle acque sotterranee è definito in
base allo stato quantitativo e a quello chimico.
4.4.1 Stato quantitativo
I parametri e i relativi valori numerici di riferimento per la
classificazione quantitativa dei corpi idrici sotterranei, sono definiti dalle
regioni utilizzando gli indicatori generali elaborati sulla base del
monitoraggio secondo i criteri che verranno indicati dall’ANPA, in base alle
caratteristiche dell’acquifero (tipologia, permeabilità, coefficienti di
immagazinamento) e del relativo sfruttamento (tendenza piezometrica o delle
portate, prelievi per vari usi).
Un corpo idrico sotterraneo è in condizioni di equilibrio quando le
estrazioni o le alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili
per lungo periodo (almeno 10 anni): sulla base delle alterazioni misurate o
previste di tale equilibrio viene definito lo stato quantitativo.
Lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei è definito da
quattro classi così caratterizzate:
Classe A |
L’impatto antropico è nullo o trascurabile con condizioni di
equilibrio idrogeologico. |
Classe B |
L’impatto antropico è ridotto, vi sono moderate condizioni di
disequilibrio del bilancio idrico, senza |
Classe C |
Impatto antropico significativo con notevole incidenza dell’uso
sulla |
Classe D |
Impatto antropico nullo o trascurabile, ma con presenza di complessi
idrogeologici |
(1) nella valutazione quantitativa bisogna tener conto anche degli
eventuali surplus incompatibili con la presenza di importanti strutture
sotterranee preesistenti.
4.4.2 Stato chimico
Le classi chimiche dei corpi idrici sotterranei sono definite secondo
il seguente schema:
Classe 1 |
Impatto antropico nullo o trascurabile con pregiate caratteristiche
idrochimiche; |
Classe 2 |
Impatto antropico ridotto e sostenibile sul lungo periodo e con
buone caratteristiche idrochimiche |
Classe 3 |
Impatto antropico significativo e con caratteristiche idrochimiche
generalmente buone, ma con alcuni segnali di compromissione; |
Classe 4 |
Impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche
scadenti; |
Classe 0 (*) |
Impatto antropico nullo o trascurabile ma con particolari facies
idrochimiche naturali in concentrazioni al di sopra del valore della classe
3. |
(*) per la valutazione dell’origine endogena delle specie idrochimiche
presenti dovranno essere considerate anche le caratteristiche chimico-fisiche
delle acque.
Ai fini della classificazione chimica si utilizzerà il valore medio,
rilevato per ogni parametro di base o addizionale nel periodo di riferimento.
Le diverse classi qualitative vengono attribuite secondo lo schema di tabella
20, tenendo anche conto dei parametri e dei valori riportati alla tabella 21.
La classificazione è determinata dal valore di concentrazione peggiore
riscontrato nelle analisi dei diversi parametri di base o dei parametri
addizionali.
Tabella 20 - Classificazione
chimica in base ai parametri di base (1)
|
Unità di misura |
Classe 1 |
Classe 2 |
Classe 3 |
Classe 4 |
Classe 0 (*) |
Conducibilità elettrica |
m S/cm(20°C) |
<= 400 |
<= 2500 |
<= 2500 |
> 2500 |
> 2500 |
Cloruri |
mg/L |
<= 25 |
<= 250 |
<= 250 |
> 250 |
> 250 |
Manganese |
m g/L |
<= 20 |
<= 50 |
<= 50 |
> 50 |
> 50 |
Ferro |
m g/L |
< 50 |
< 200 |
<= 200 |
> 200 |
> 200 |
Nitrati |
mg/L di NO3 |
<= 5 |
<= 25 |
<= 50 |
> 50 |
|
Solfati |
mg/L di SO4 |
<= 25 |
<= 250 |
<= 250 |
> 250 |
> 250 |
Ione ammonio |
mg/L di NH4 |
<= 0,05 |
<= 0,5 |
<= 0,5 |
> 0,5 |
> 0,5 |
(1) se la presenza di tali sostanza è di origine naturale, così come
appurato dalle regioni o dalle province autonome, verrà automaticamente
attribuita la classe 0.
Tabella 21 - Parametri
addizionali
Inquinanti inorganici |
mg/L |
Inquinanti organici |
mg/L |
Alluminio |
<= 200 |
Composti alifatici alogenati totali |
10 |
Antimonio |
<= 5 |
di cui: |
|
Argento |
<= 10 |
- 1,2-dicloroetano |
3 |
Arsenico |
<= 10 |
Pesticidi totali (1) |
0,5 |
Bario |
<= 2000 |
di cui: |
|
Berillio |
<= 4 |
- aldrin |
0,03 |
Boro |
<= 1000 |
- dieldrin |
0,03 |
Cadmio |
<= 5 |
- eptacloro |
0,03 |
Cianuri |
<= 50 |
- eptacloro epossido |
0,03 |
Cromo tot. |
<= 50 |
Altri pesticidi individuali |
0,1 |
Cromo VI |
<= 5 |
Acrilamide |
0,1 |
Ferro |
<= 200 |
Benzene |
1 |
Fluoruri |
<= 1500 |
Cloruro di vinile |
0,5 |
Mercurio |
<= 1 |
IPA totali (2) |
0,1 |
Nichel |
<= 20 |
Benzo(a)pirene |
0,01 |
Nitriti |
<= 500 |
|
|
Piombo |
<= 10 |
|
|
Rame |
<= 1000 |
|
|
Selenio |
<= 10 |
|
|
Zinco |
<= 3000 |
|
|
(1)
in
questo parametro sono compresi tutti i composti organici usati come biocidi (
erbici, insetticidi, fungicidi, acaricidi, alghicidi, nematocidi ecc.);
(2)
si
intendono in questa classe i seguenti composti specifici: benzo(b)fluorantene,
benzo(k)fluorantene, benzo(ghi)perilene, indeno(1,2,3-cd)pirene.
Se la presenza di inquinanti inorganici in concentrazioni superiori a
quelle di tabella 21 è di origine naturale verrà attribuita la classe 0 per la
quale, di norma, non vengono previsti interventi di risanamento.
La presenza di inquinanti organici o inorganici con concentrazioni
superiori a quelli del valore riportato nella tabella 21 determina la
classificazione in classe 4.
Se gli inquinanti di tabella 21 non sono presenti o vengono rilevate
concentrazione al di sotto della soglia di rilevabilità indicata dai metodi
analitici il corpo idrico è classificato a seconda dei risultati relativi ai
parametri di tabella 20.
Tranne nel caso della presenza naturale di sostanze inorganiche, il
ritrovamento di questi inquinati in concentrazioni significative vicine alla
soglia indicata è comunque un segnale negativo di rischio per gli acquiferi
interessati. Nei piani di tutela, devono quindi essere comunque adottate misure
atte a prevenire un ulteriore peggioramento e a rimuovere le cause di rischio.
Devono inoltre essere considerati gli effetti della eventuale interconessione
delle acque sotterrane con corpi idrici superficiali di particolare pregio il
cui obiettivo ambientale, a causa della persistenza e dei processi di
bioaccumulo di alcuni inquinanti, prevede per questi valori di concentrazione
più cautelativi.
4.4.3 Stato ambientale delle acque sotterranee
In base alle conoscenze prodotte attraverso le attività di cui al
punto 1 e per confronto con le classi di qualità della risorsa definite con le
tabelle 20 e 21, verranno quindi classificati i singoli corpi idrici
sotterranei in base al loro stato ambientale
.La sovrapposizione delle classi chimiche (classi 1, 2, 3, 4, 0) e
quantitative (classi A, B, C, D) definisce lo stato ambientale del corpo idrico
sotterraneo così come indicato nella tabella 22 e permette di classificare i
corpi idrici sotterranei.
Tabella 22 - Stato ambientale
(quali-quantitativo) dei corpi idrici sotterranei.
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
Stato scadente |
Stato particolare |
1 – A |
1 - B |
3 – A |
1 – C |
0 – A |
|
2 - A |
3 – B |
2 – C |
0 – B |
|
2 - B |
|
3 – C |
0 – C |
|
|
|
4 – C |
0 – D |
|
|
|
4 – A |
1 – D |
|
|
|
4 – B |
2 – D |
|
|
|
|
3 – D |
|
|
|
|
4 – D |
In assenza di serie storiche significative di dati dal punto di vista
quantitativo in una prima fase la classificazione sarà basata sullo stato
chimico delle risorse, ipotizzando, per la parte quantitativa, una classe C.
Qualora i corpi acquiferi individuati presentino al loro interno
differenti condizioni dello stato si può procedere ad un ulteriore suddivisione
che individui porzioni omogenee o aree discrete a differente stato di qualità
sempre sulla base di quanto indicato in Tabella 22.
La Regione, procede alla classificazione cartografica ed alla
zonazione dei singoli corpi idrici sotterranei in base al rispettivo
"stato". Sempre in base alla suddetta classificazione verranno
pianificate le eventuali azioni di risanamento da adottare. Per quanto riguarda
gli acquiferi che hanno uno stato naturale particolare pur non dovendo
prevedere specifiche azioni di risanamento, deve comunque essere evitato un
peggioramento dello stato chimico o un ulteriore impoverimento quantitativo.
Tale classificazione ha carattere temporaneo dovrà essere
progressivamente e periodicamente riaggiornata in base al raggiungimento degli
obiettivi verificato tramite le attività di monitoraggio previste al punto 4.1.
ALLEGATO 2:
CRITERI PER LA CLASSIFICAZIONE DEI CORPI IDRICI A
SPECIFICA DESTINAZIONE
SEZIONE A:
Criteri generali e metodologie per il rilevamento
delle caratteristiche qualitative e per la classificazione delle acque
superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.
I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali
utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile
dopo i trattamenti appropriati.
1) Calcolo della conformità e classificazione
Per la classificazione delle acque in una delle categorie A1, A2, A3,
di cui alla tabella 1/A, i valori specificati per ciascuna categoria devono
essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne
I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia
indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10%
dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono
discostarsi in misura superiore al 50% dal valore dei parametri in questione,
esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri
microbiologici.
2) Campionamento
2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo
Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d’acqua
naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per
l’approvvigionamento idrico potabile - fermo restando quanto previsto
nell’allegato 1 - quanto previsto nell’allegato 1. Le stazioni di prelievo
dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previste
in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque
da utilizzare
Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti
significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari
condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio
d’inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità
di approfondire la conoscenza della qualità del corpo idrico, per gli opportuni
interventi.
2.2) Frequenza minima dei campionamenti e delle
analisi di ogni parametro.
|
GRUPPO
DI PARAMETRI (°) |
||
|
I |
II |
III |
Frequenza
minima annua dei campionamenti e |
12 |
12 |
12 |
|
GRUPPO
DI PARAMETRI (°) |
||
|
I (*) |
II |
III |
Frequenza
minima annua dei campionamenti e |
8 |
8 |
8 |
(*) Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei
campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.
(°) I parametri dei diversi gruppi comprendono:
PARAMETRI I GRUPPO
pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività,
odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5,
ammoniaca.
PARAMETRI II GRUPPO
ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi,
fenoli, azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali.
PARAMETRI III GRUPPO
fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio,
mercurio, bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsionati, idrocarburi
policiclici aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con
cloroformio, streptococchi fecali e salmonelle.
3) Modalità di prelievo, di conservazione e di
trasporto dei campioni
I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo
da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati
delle analisi.
a)
Per
il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei
parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli
parametri, alla colonna G.
b) Per il prelievo, la conservazione
ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A,
vale quanto segue:
i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;
qualora si abbia motivo di ritenere che l’acqua in esame
contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di
sodio tiosolfato, nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL di capacità della
bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;
le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità
idonea a prelevare l’acqua necessaria all’esecuzione delle analisi
microbiologiche;
i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi,
dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10°C) al
riparo della luce e dovranno, nel più breve tempo possibile, e comunque entro e
non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.
Tabella 1/A: Caratteristiche di
qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (omissis)
Tab. 2/A : metodi di misura per
la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico fisici di cui alla
tab. 1/A (omissis)
Tab. 3/A: Metodi di misura per
la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A (omissis)
SEZIONE B:
Criteri generali e metodologie per il rilevamento
delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo della conformità
delle acque dolci superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicoli e
ciprinicoli.
(omissis)
SEZIONE C:
Criteri generali e metodologie per il rilevamento
delle caratteristiche qualitative ed il calcolo della conformità delle acque
destinate alla vita dei molluschi.
(omissis)
ALLEGATO 3:
RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DEI BACINI
IDROGRAFICI E ANALISI DELL'IMPATTO ESERCITATO DALL'ATTIVITA' ANTROPICA
Per la redazione dei piani di tutela di cui all’articolo 44, le
regioni devono raccogliere ed elaborare i dati relativi alle caratteristiche
dei bacini idrografici secondo i criteri di seguito indicati.
A tal fine si ritiene opportuno che le regioni si coordinino, anche
con il supporto delle autorità di bacino, per individuare, per ogni bacino idrografico,
un Centro di Documentazione cui attribuire il compito di raccogliere,
catalogare e diffondere le informazioni relative alle caratteristiche dei
bacini idrografici ricadenti nei territori di competenza.
Devono essere in particolare considerati gli elementi geografici, geologici,
idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei corpi idrici superficiali e
sotterranei, nonché quelli socioeconomici presenti nel bacino idrografico di
propria competenza.
1 Acque superficiali
1.1 Acquisizione delle conoscenze disponibili
La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini
idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:
gli aspetti geografici: estensione geografica ed estensione
altitudinale, latitudinale e longitudinale; le condizioni geologiche:
informazioni sulla tipologia dei substrati, almeno in relazione al contenuto
calcareo, siliceo ed organico; le condizioni idrologiche: bilanci idrici,
compresi i volumi, i regimi di flusso nonché i trasferimenti e le deviazioni
idriche e le relative fluttuazioni stagionali e, se del caso, la salinità; le
condizioni climatiche: tipo di precipitazioni e, ove possibile, evaporazione ed
evapotraspirazione;
Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a:
caratteristiche socioeconomiche – utilizzo del suolo,
industrializzazione dell’area, ecc. individuazione e tipizzazione di aree
naturali protette. eventuale caratterizzazione faunistica e vegetazionale
dell’area del bacino idrografico;
1.2 Archivio anagrafico dei corpi idrici
Per ciascun corpo idrico (nel caso di corsi d’acqua solo quelli con
bacino superiore a 10 km2), anche se non significativo ai sensi
dell’allegato 1, dovrà essere predisposta una scheda informatizzata che
contenga:
·
i
dati derivati dalle attività di cui al punto 1.1. le informazioni relative
all’impatto esercitato dalle attività antropiche sullo stato delle acque
superficiali all’interno di ciascun bacino idrografico. Tale esame dovrà
riguardare in particolare i seguenti aspetti:
·
stima
dell’inquinamento da fonte puntuale da effettuare in primo luogo sulla base del
catasto degli scarichi, se questo è aggiornato almeno al 1996. In mancanza di
tali dati (o in presenza solo di informazioni anteriori al 1996) si dovranno
utilizzare stime fatte sulla base di altre informazioni e di indici di tipo
statistico (esempio: dati camere di commercio relativi agli insediamenti, agli
addetti per codice NACE e indici di emissione per codice NACE ); stima
dell’inquinamento da fonte diffusa; dati sulla l’estrazione delle acque (nel
caso di acque dolci) e sui relativi usi (in mancanza di misure saranno usate
stime effettuate in base a parametri statistici); analisi delle altre incidenze
antropiche sullo stato delle acque.
per i corpi idrici individuati come significativi ai sensi dell’allegato1
devono essere riportati i dati derivanti dalle azioni di monitoraggio e
classificazione di cui all’allegato stesso.
2 Acque sotterranee
2.1 Acquisizione delle conoscenze disponibili
La fase conoscitiva ha come scopo principale la caratterizzazione
qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:
definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti
quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee; costituire una banca dati
informatizzata dei dati idrogeologici e idrochimici; localizzare i punti
d’acqua sotterranea potenzialmente disponibili per le misure; ricostruire il
modello idrogeologico, con particolare riferimento ai rapporti di eventuale
intercomunicazione tra i diversi acquiferi e tra le acque superficiali e le acque
sotterranee.
Le informazioni da raccogliere devono essere relative ai seguenti
elementi:
studi precedentemente condotti (idrogeologici, geotecnici, geofisici,
geomorfologici, ecc) con relativi eventuali elaborati cartografici (carte
geologiche, sezioni idrogeologiche, piezometrie, carte idrochimiche, ecc); dati
relativi ai pozzi e piezometri, quali: ubicazione, stratigrafie, utilizzatore
(pubblico o privato), stato di attività (attivo, in disuso, cementato); dati
relativi alle sorgenti quali: ubicazione, portata, utilizzatore (pubblico o
privato), stato di attività (attiva, in disuso, ecc.); dati relativi ai valori
piezometrici; dati relativi al regime delle portate delle sorgenti; dati
esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualità delle acque relative
a sorgenti, pozzi e piezometri esistenti; reticoli di monitoraggio esistenti
delle acque sotterranee.
Devono essere inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali
suggeriti dalle condizioni locali di insediamento antropico o da particolari
situazioni geologiche e geochimiche, nonché della vulnerabilità e rischio della
risorsa. Dovranno inoltre essere valutate, se esistenti, le indagini relative
alle biocenosi degli ambienti sotterranei.
Le azioni conoscitive devono essere accompagnate da tutte quelle
iniziative necessarie ad acquisire tutte le informazioni e le documentazioni in
materia presenti presso gli enti che ne dispongono, i quali ne dovranno
garantire l’accesso.
Sulla base delle informazione raccolte, delle conoscenze a scala generale
e degli studi precedenti, verrà ricostruita la geometria del principali corpi
acquiferi presenti evidenziando la reciproca eventuale intercomunicazione
compresa quella con le acque superficiali, la parametrizzazione (laddove
disponibile) e le caratteristiche idrochimiche, e dove presenti, quelle
biologiche.
La caratterizzazione degli acquiferi sarà revisionata sulla base dei
risultati della gestione della rete di monitoraggio effettuato in base alle
indicazioni riportate all’allegato 1.
La ricostruzione idrogeologica preliminare dovrà quindi permettere la
formulazione di un primo modello concettuale, intendendo con questo termine una
schematizzazione idrogeologica semplificata del sottosuolo e una prima
parametrizzazione degli acquiferi. In pratica devono essere qui riassunte le
proprietà geologiche, le caratteristiche idrogeologiche del sistema, con
particolare riferimento ai meccanismi di ricarica degli acquiferi ed ai
rapporti tra le falde, i rapporti esistenti tra acque superficiali e acque
sotterranee, nonché alle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee.
I dati così raccolti dovranno avere un dettaglio rappresentabile
significativamente almeno alla scala 1:100.000.
2.2 Archivio anagrafico dei punti d’acqua
Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al
fine di disporre di un data-base aggiornato dei punti d’acqua esistenti (pozzi,
piezometri, sorgenti e altre emergenze della falda come fontanili, ecc.) e dei
nuovi punti realizzati. A ciascun punto d’acqua dovrà essere assegnato un
numero di codice univoco stabilito in base alle modalità di codifica fornite
dall’ANPA.
Per quanto riguarda le sorgenti andranno codificate tutte quelle
utilizzate e comunque quelle che presentano una portata media superiore a 10
L/s e quelle di particolare interesse ambientale.
Per le nuove opere è fatto obbligo all’Ente competente di verificare
all’atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica
sotterranea, l’avvenuta assegnazione del codice.
Tutte le opere codificate dovranno quindi essere provviste in loco di
apposita targhetta inamovibile ed inalterabile, che riporti l’intero codice, la
quota topografica (m s.l.m.) ed eventualmente il punto di riferimento.
In assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualità
delle acque, non potranno essere accettati dalla Pubblica Amministrazione.
Inoltre per ciascun punto d’acqua dovrà essere predisposta una scheda
informatizzata che contenga i dati relativi alle caratteristiche geografiche,
anagrafiche, idrogeologiche, strutturali, idrauliche e funzionali derivate
dalle analisi conoscitive di cui al punto 1.
Le schede relative ai singoli punti d’acqua, assieme alle analisi
conoscitive di cui al punto 1 ed a quelle che potranno essere raccolte per
ciascun punto d’acqua dovranno contenere poi le informazioni relative a:
le caratteristiche chimico fisiche dei singoli complessi idrogeologici
e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati a vario titolo in possesso
dei vari Enti (analisi chimiche effettuate dai laboratori pubblici, autodenunce
del sollevato etc.) nonché stime delle direzioni e delle velocità di scambio
dell’acqua fra il corpo idrico sotterraneo ed i sistemi superficiali connessi.
l’impatto esercitato dalle attività umane sullo stato delle acque sotterranee
all’interno di ciascun complesso idrogeologico.
Tale esame dovrà riguardare i seguenti aspetti:
stima dell’inquinamento da fonte puntuale (così come indicato al punto
relativo alle acque superficiali); stima dell’inquinamento da fonte diffusa;
dati derivanti dalle misure relative all’estrazione delle acque; stima del
ravvenamento artificiale; analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato
delle acque.
3 Modalità di elaborazione, gestione e diffusione
dei dati
Le Regioni organizzeranno un proprio Centro di Documentazione che
curerà l’accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e
diffusione.
Tali dati sono organizzati secondo i criteri stabiliti nel decreto di
cui all’articolo 3 comma 7 e devono periodicamente essere aggiornati con i dati
prodotti dal monitoraggio secondo le indicazioni di cui all’allegato 1.
Le misure quantitative e qualitative dovranno essere organizzate
secondo quanto previsto nel decreto attuativo relativo alla standardizzazione
dei dati. A tali modalità si dovranno anche attenere i soggetti tenuti a
predisporre i protocolli di garanzia e di qualità.
L’interpretazione dei dati relativi alle acque sotterranee in un
acquifero potrà essere espressa in forma sintetica mediante: tabelle, grafici,
diagrammi, serie temporali, cartografie tematiche, elaborazioni statistiche,
ecc.
Il Centro di documentazione annualmente curerà la redazione di un
rapporto sull’evoluzione quali-quantitativa dei complessi idrogeologici
monitorati e renderà disponibili tutti i dati e le elaborazioni effettuate, a
tutti gli interessati.
Compito del Centro di documentazione sarà inoltre la redazione di
carte di sintesi delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle acque
sotterranee, carte di vulnerabilità e rischio delle acque sotterranee.
Una volta ultimata la presentazione finale dei documenti e degli
elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati i canali
più idonei alla sua diffusione anche mediante rapporti di sintesi e seminari, a
tal scopo verrà predisposto un piano contenente modalità e tempi dell’attività
di diffusione.
Allo scopo dovrà essere prevista da parte del Centro di documentazione
la disponibilità degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati (GIS)
disponibili su reti multimediali.
La scala delle elaborazioni cartografiche dovrà essere di almeno
1:100.000 salvo necessità di superiore dettaglio.
ALLEGATO 4:
CONTENUTI DEI PIANI DI TUTELA DELLA ACQUE
Parte A.
I Piani di tutela delle acque devono contenere:
1. Descrizione generale delle caratteristiche del bacino idrografico
ai sensi dell’articolo 42 e dell’allegato 3. Tale descrizione include:
1.1 Per le acque superficiali:
rappresentazione cartografica dell’ubicazione e del perimetro dei
corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti all’interno del bacino
idrografico e dei corpi idrici di riferimento così come indicato all’allegato
1.
1.2 Per le acque sotterranee:
rappresentazione cartografica della geometria e delle caratteristiche
litostratografiche e idrogeologiche delle singole zone; suddivisione del territorio in
zone acquifere omogenee;
2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati
dall’attività antropica sullo stato delle acque superficiali e sotterranee.
Vanno presi in considerazione:
stima dell’inquinamento in termini di carico ( sia in tonnellate /
anno che in tonnellate / mese) da fonte puntuale (sulla base del catasto degli
scarichi) stima dell’impatto da fonte diffusa, in termine di carico, con
sintesi delle utilizzazioni del suolo; stima delle pressioni sullo stato quantitativo
delle acque, derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti; analisi di altri impatti derivanti
dall’attività umana sullo stato delle acque;
3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree indicate al
Titolo III, capo I, in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le
zone vulnerabili così come risultano dalla eventuale reidentificazione fatta
dalle regioni;
4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi dell’articolo
43 e dell’allegato 1, ed una rappresentazione in formato cartografico dei
risultati dei programmi di monitoraggio effettuati in conformità a tali
disposizioni per lo stato delle:
4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico);
4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);
4.3 aree a specifica tutela;
5. Elenco degli obiettivi di qualità definiti a norma dell’articolo 4
per le acque superficiali, le acque sotterranee, includendo in particolare
l’identificazione dei casi dove si é ricorso alle disposizioni dell’articolo 5,
commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in conformità al suddetto
articolo;
6 Sintesi del programma o programmi di misure adottati che deve
contenere:
6.1 programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di
qualità ambientale dei corpi idrici di cui all’articolo 5;
6. 2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai fini
del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualità per le acque a specifica
destinazione di cui al titolo II capo II;
6. 3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I;
6. 4 misure adottate ai sensi del titolo III capo II, in particolare :
sintesi della pianificazione del bilancio idrico di cui all’articolo
22; misure di
risparmio e riutilizzo di cui agli articoli 25 e 26;
6. 5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III, in particolare:
disciplina degli scarichi; definizione delle misure per la riduzione
dell’inquinamento degli scarichi da fonte puntuale; specificazione dei casi
particolari in cui sono stati autorizzati scarichi ai sensi dell’articolo 30;
6. 6 informazioni su misure supplementari ritenute necessarie al fine
di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti;
6. 7 informazioni delle misure intraprese al fine di evitare l’aumento
dell’inquinamento delle acque marine in conformità alle convenzioni
internazionali;
6. 8 relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate per
l’applicazione del principio del recupero dei costi dei servizi idrici ai sensi
della legge 5 gennaio 1994 n. 36 e sintesi dei piani finanziari predisposti ai
sensi dell’articolo 11 della stessa legge;
7.1 Sintesi dei risultati dell’analisi economica, delle misure
definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento degli obiettivi
di qualità, anche allo scopo di una valutazione del rapporto costi benefici
delle misure previste e delle azioni relative all’estrazione e distribuzione
delle acque dolci, della raccolta e depurazione e riutilizzo delle acque
reflue.
7. 2 Sintesi dell’analisi integrata dei diversi fattori che concorrono
a determinare la stato di qualità ambientale dei corpi idrici, al fine di
coordinare le misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior
rapporto costi benefici delle diverse misure; in particolare vanno presi in
considerazione quelli riguardanti la situazione quantitativa del corpo idrico
in relazione alle concessioni in atto e la situazione qualitativa in relazione
al carico inquinante che viene immesso nel corpo idrico.
8. relazione sugli eventuali ulteriori programmi o piani più
dettagliati adottati per determinati sottobacini.
Parte B.
Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque tutti i
successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere:
1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della precedente
versione del Piano di tutela delle acque, incluso una sintesi delle revisioni
da effettuare ai sensi dell’articolo 5 comma 7, e degli articoli 18 e 19;
2. valutazione dei progressi effettuati verso il raggiungimento degli
obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica dei risultati del
monitoraggio per il periodo relativo al piano precedente, nonché la motivazione
per il mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali;
3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella precedente
versione del Piano di gestione dei bacini idrografici non realizzate;
4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente
alla data di pubblicazione della precedente versione del Piano di tutela del
bacino idrografico.
ALLEGATO 5:
LIMITI DI EMISSIONE DEGLI SCARICHI IDRICI
1 - Scarichi in corpi d'acqua superficiali
1.1 - Acque reflue urbane
Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue
urbane di cui all’articolo 31, comma 3, se già esistenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto devono conformarsi, secondo le cadenze temporali
indicate al medesimo articolo, alle norme di emissione riportate nella tabella
1 e, nel caso di recapito in aree sensibili, anche alla tabella 2. Gli scarichi
provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane non ancora
esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto devono essere
conformi alle medesime disposizioni dalla loro entrata in esercizio.
Devono inoltre essere rispettati, nel caso di fognature miste che
raccolgono scarichi di insediamenti industriali, i limiti di tabella 3 ovvero
quelli stabiliti dalle regioni ai sensi dell’articolo 28 comma 2.
Deve essere rispettato o il limite di concentrazione o la percentuale
di riduzione, intesa in rapporto con il carico affluente all’impianto;
l’opzione relativa alla percentuale di riduzione deve garantire la protezione
del corpo idrico e il raggiungimento dell’obiettivo di qualità 2.
I valori limite della tabella 1 non si applicano agli scarichi di
acque reflue urbane di cui all’articolo 31, comma 2. Tali scarichi devono
essere sottoposti ad un trattamento appropriato che garantisca la conformità
dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità o la tutela delle
acque sotterranee nel caso di scarico nel suolo; eventuali limiti a tali
scarichi sono definiti dalle regioni.
Per gli scarichi recapitanti in aree sensibili, così come individuate
all’articolo 18, deve essere previsto un trattamento più spinto che raggiunga,
per i parametri azoto totale e fosforo totale, le concentrazioni o le
percentuali di riduzione del carico inquinante indicate nella tabella 2. Tali
limiti vanno raggiunti per uno od entrambi i parametri a seconda della la
situazione locale.
Tabella 1 - Limiti di emissione
per gli impianti di acque reflue urbane.
Potenzialità
impianto in A.E. (abitanti equivalenti) |
2.000
– 10.000 |
>10.000 |
||
Parametri
(media giornaliera) (1) |
Concentrazione |
%
di riduzione |
Concentrazione |
%
di riduzione |
BOD5
(senza nitrificazione) mg/L (2) |
25 |
70-90
(5) |
25 |
80 |
COD
mg/L (3) |
125 |
75 |
125 |
75 |
Solidi
Sospesi mg/L (4) |
35 (5)
|
90 (5) |
35 |
90 |
1. Le analisi sugli scarichi provenienti da lagunaggio o
fitodepurazione devono essere effettuati su campioni filtrati, la
concentrazione di solidi sospesi non deve superare i 150 mg/L.
2. La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non
filtrato, non decantato. Si esegue la determinazione dell’ossigeno disciolto
anteriormente e posteriormente ad un periodo di incubazione di 5 giorni a 20°C
* ± 1°C, in completa oscurità, con aggiunta di inibitori di nitrificazione.
3. La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non
filtrato, non decantato con bicromato di potassio.
4. La misurazione deve essere fatta mediante filtrazione di un
campione rappresentativo attraverso membrana filtante con porosità di 0,45 m ed
essicazione a 105°C con conseguente calcolo del peso, oppure mediante
centrifugazione per almeno 5 minuti (accelerazione media di 2800-3200 g),
essiccazione a 105°C e calcolo del peso.
5. Ai sensi dell’articolo 31 comma 6, la percentuale di riduzione del
BOD5 non deve essere inferiore a 40. Per i solidi sospesi la
concentrazione non deve superare i 70 mg/L e la percentuale di abbattimento non
deve essere inferiore al 70%.
Tabella 2 - Limiti di emissione
per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili.
Potenzialità
impianto in A.E. (abitanti equivalenti) |
10.000
– 100.000 |
>100.000 |
||
Parametri
(media annua) |
Concentrazione |
% di
riduzione |
Concentrazione |
% di
riduzione |
Fosforo
totale (P mg/L) (1) |
2 |
80 |
1 |
80 |
Azoto
totale (N mg/L) (2)(3) |
15 |
70-80 |
10 |
70-80 |
(1) Il metodo di riferimento per la misurazione è la spettrofotometria
di assorbimento molecolare.
(2) Per azoto totale si intende la somma dell’azoto Kjeldahl (N.
organico+NH3) + azoto nitrico + azoto nitroso. Il metodo di riferimento per la
misurazione è la spettrofotometria di assorbimento molecolare.
(3) Per l’azoto totale, in alternativa al riferimento alla
concentrazione media annua di 10 mg/L, purché si ottenga un analogo livello di
protezione ambientale, può essere preso come limite da non superare la
concentrazione media giornaliera di azoto totale pari a 20 mg/L per tutti i
campioni con una temperatura dell’effluente nel reagente biologico pari o
superiore a 12° gradi centigradi. In sostituzione della condizione concernete
la temperatura è possibile applicare un tempo operativo limitato, che tenga
conto delle condizioni climatiche.
Il punto di prelievo per i controlli, ai sensi dell’articolo 28 comma
3, deve essere sempre il medesimo e deve essere posto immediatamente a monte
del punto di immissione nel corpo recettore. Nel caso di controllo della
percentuale di riduzione dell’inquinante, deve essere previsto un punto di
prelievo anche all’entrata dell’impianto di trattamento. Di tali esigenze si
dovrà tener conto anche nella progettazione e modifica degli impianti, in modo
da agevolare l’esecuzione delle attività di controllo.
Per il controllo della conformità dei limiti indicati nelle tabelle 1
e 2 e di altri limiti definiti in sede locale vanno considerati i campioni medi
ponderati nell’arco di 24 ore.
Per i parametri di tabella 1 il numero di campioni, ammessi su base
annua, la cui media giornaliera può superare i limiti tabellari, è definito in
rapporto al numero di misure come da schema seguente.
Campioni
prelevati |
numero
massimo |
Campioni
prelevati |
numero
massimo |
4 - 7 |
1 |
172 -
187 |
14 |
8 - 16 |
2 |
188 -
203 |
15 |
17 -
28 |
3 |
204 -
219 |
16 |
29 -
40 |
4 |
220 -
235 |
17 |
41 -
53 |
5 |
236 -
251 |
18 |
54 -
67 |
6 |
252 -
268 |
19 |
68 -
81 |
7 |
269 -
284 |
20 |
82 -
95 |
8 |
285 -
300 |
21 |
96 -
110 |
9 |
301 -
317 |
22 |
111 -
125 |
10 |
318 -
334 |
23 |
126 -
140 |
11 |
335 -
350 |
24 |
141 -
155 |
12 |
351 -
365 |
25 |
156 -
171 |
13 |
|
|
In particolare si precisa che, per i parametri sotto indicati, i
campioni che risultano non conformi, affinché lo scarico sia considerato in
regola, non possono comunque superare le concentrazioni riportate in tabella 1
oltre la percentuale sotto indicata:
BOD5: 100%
COD: 100%
Solidi Sospesi 150%
Il numero minimo annuo di campioni per i parametri di cui alle tabelle
1 e 2 è fissato in base alla dimensione dell’impianto di trattamento e va
effettuato dall’autorità competente ovvero dal gestore qualora garantisca un
sistema di rilevamento e di trasmissione dati all’autorità di controllo,
ritenuto idoneo da quest’ultimo, con prelievi ad intervalli regolari nel corso
dell’anno, in base allo schema seguente.
potenzialità
impianto |
numero
campioni |
da
2.000 a 9.999 A.E.: |
12
campioni il primo anno e 4 negli anni successivi, purché lo scarico sia
conforme; |
da
10.000 a 49.999 A.E.: |
12
campioni |
oltre
50.000 A.E.: |
24
campioni |
|
I gestori degli impianti devono inoltre assicurare un sufficiente numero
di autocontrolli (almeno uguale a quello del precedente schema) sugli scarichi
dell’impianto di trattamento e sulle acque in entrata.
L’autorità competente per il controllo deve altresì verificare, con la
frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella
tabella 3. I parametri di tabella 3 che devono essere controllati sono solo
quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.
potenzialità impianto |
numero controlli |
da 2.000 a 9.999 A.E.: |
1 volta l’anno |
da 10.000 a 49.999 A.E.: |
3 volte l’anno |
oltre 50.000 A.E.: |
6 volte l’anno |
Valori estremi per la qualità delle acque in questione non sono presi
in considerazione se essi sono il risultato di situazioni eccezionali come
quelle dovute a piogge abbondanti.
I risultati delle analisi di autocontrollo effettuate dai gestori
degli impianti devono essere messi a disposizione degli enti preposti al
controllo. I risultati dei controlli effettuati dall’autorità competente e di
quelli effettuati a cura dei gestori devono essere archiviati su idoneo
supporto informatico secondo le indicazioni riportate nel decreto attuativo di
cui all’articolo 3 comma 7.
1.2 Acque reflue industriali.
Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali, devono
essere conformi ai limiti di emissione indicati nella successiva tabella 3 o
alle relative norme disposte dalle regioni ai sensi dell’articolo 28 comma 2.
I limiti indicati in tabella 3, per le acque reflue industriali, sono
riferiti ad un campione medio prelevato nell’arco di tre ore. L’autorità
preposta al controllo, al fine di verificare le fasi più significative del
ciclo produttivo, può effettuare il campionamento su tempi più lunghi.
Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 28 comma 2, tenendo conto
del carico massimo ammissibile, ove definito, della persistenza,
bioaccumulabilità e della pericolosità delle sostanze, nonché della possibilità
di utilizzare le migliori tecniche disponibili, le regioni stabiliscono
opportuni limiti di emissione in massa nell’unità di tempo (kg/mese).
Per cicli produttivi specificati nella tabella 3/A devono essere
rispettati i limiti di emissione in massa per unità di prodotto o di materia
prima di cui alla stessa tabella. Per gli stessi cicli produttivi valgono
altresì i limiti di concentrazione indicati nelle tabella 3 allo scarico
finale.
Tra i limiti di emissione in termini di massa per unità di prodotto,
indicati nella tabella 3/A, e quelli stabiliti dalle regioni, ai sensi
dell’articolo 28, comma 2, in termini di massa nell’unità di tempo valgono
quelli più cautelativi.
2 Scarichi sul suolo
Nei casi previsti articolo 28 comma 2, gli scarichi sul suolo devono
rispettare i limiti previsti nella tabella 4.
Il punto di prelievo per i controlli è immediatamente a monte del punto
di scarico sul suolo. Per gli impianti di depurazione naturale (lagunaggio,
fitodepurazione) il punto di scarico corrisponde è quello all’uscita
dall’impianto.
I limiti indicati in tabella 4, sono riferiti, per gli insediamenti
produttivi, ad un campione medio prelevato nell’arco di tre ore. L’autorità
preposta al controllo qualora tale arco temporale risultasse inadeguato
all’ottenimento di un campione significativo, può, effettuare il campionamento
su tempi più lunghi.
Per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane si fa
riferimento a un campione medio ponderato nell’arco di 24 ore.
Le distanze dal più vicino corpo idrico superficiale oltre le quali è
permesso lo scarico sul suolo è rapportato al volume delle scarico stesso
secondo il seguente schema:
a) per quanto riguarda gli
scarichi di acque reflue urbane: |
|
2.500 metri |
per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a
5000 m3 |
5.000 metri |
per scarichi con portate giornaliere medie tra 5001 e
10.000 m3 |
b) per quanto riguarda gli scarichi
di acque reflue industriali. |
|
2.500 metri |
per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a
500 m3 |
5.000 metri |
per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e
2.000 m3 |
Gli scarichi aventi portata maggiore di quelle su indicate devono in ogni
caso essere convogliati in corpo idrico superficiale, in fognatura o destinate
al riutilizzo.
Per gli scarichi delle acque reflue urbane valgono gli stessi obblighi
di controllo e di autocontrollo previsti per gli scarichi in acque
superficiali.
L’autorità competente per il controllo deve verificare, con la
frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella
tabella 4. I parametri di tabella 4 da controllare sono solo quelli che le
attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.
volume scarico |
numero controlli |
sino a 2.000 m3 al giorno |
4 volte l’anno |
oltre a 2.000 m3 al giorno |
8 volte l’anno |
2.1 Sostanze per cui esiste il divieto di scarico
Restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel sottosuolo delle seguenti
sostanze:
·
composti
organo alogenati e sostanze che possono dare origine a tali composti
nell’ambiente idrico;
·
composti
organo fosforici;
·
composti
organo stannici;
·
sostanze
che hanno potere cancerogeno, mutageno e teratogeno in ambiente idrico o in
concorso dello stesso;
·
mercurio
e i suoi composti;
·
cadmio
e i suoi composti;
·
oli
minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti;
·
cianuri;
· materie persistenti che possono
galleggiare, restare in sospensione o andare a fondo e che possono disturbare
ogni tipo di utilizzazione delle acque.
Persiste inoltre il divieto di scarico diretto nelle acque
sotterranee, in aggiunta alle sostanze su elencate, di:
1: |
zinco |
rame |
nichel |
cromo |
piombo |
selenio |
arsenico |
antimonio |
molibdeno |
titanio |
|
stagno |
bario |
berillio |
boro |
uranio |
vanadio |
cobalto |
tallio |
tellurio |
argento |
2: Biocidi e loro derivati non compresi nell’elenco del paragrafo
precedente;
3: Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore ovvero sull’odore
dei prodotti consumati dall’uomo derivati dall’ambiente idrico, nonché i
composti che possono dare origine a tali sostanze nelle acque;
4: Composti organosilicati tossici o persistenti e che possono dare
origine a tali composti nelle acque ad eccezione di quelli che sono
biologicamente innocui o che si trasformano rapidamente nell’acqua in sostanze
innocue;
5: Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare;
6: Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera
non persistenti;
7: Cianuri, fluoruri;
8: Sostanze che influiscono sfavorevolmente sull’equilibrio
dell’ossigeno, in particolare ammoniaca e nitriti.
3. Indicazioni generali
I punti di scarico degli impianti i trattamento delle acque reflue
urbane devono essere scelti, per quanto possibile, in modo da ridurre al minimo
gli effetti sulle acque recettrici.
Tutti gli impianti dovranno avere obbligatoriamente un trattamento di
disinfezione, sia per far fronte alle eventuali emergenze relative a situazioni
di rischio sanitario sia per garantire il raggiungimento degli obiettivi di
qualità ambientali ovvero gli usi esistenti per il corpo idrico recettore.
In sede di approvazione del progetto dell’impianto di trattamento
delle acque reflue urbane l’autorità competente dovrà verificare che l’impianto
sia in grado di garantire che l’emissione dell’azoto ammoniacale (espresso come
N) non superi del 30% il valore dell’azoto totale (espresso come N). In tale
sede l’autorità competente fisserà il limite opportuno relativo al parametro
“Escherichia coli” espresso come UFC/100mL.
I trattamenti appropriati devono essere individuati con l’obiettivo
di:
a)
rendere
semplice la manutenzione e la gestione;
b) essere in grado di sopportare
adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico;
c) minimizzare i costi gestionali.
Questa tipologia di trattamento può equivalere ad un trattamento primario o ad
un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei
risultati depurativi raggiunti.
Per tutti gli insediamenti con popolazione equivalente compresa tra 50
e 2000 A.E., si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione
naturale quali il lagunaggio o la fitodepurazione, o tecnologie come i filtri
percolatori o impianti ad ossidazione totale.
Peraltro tali trattamenti possono essere considerati adatti se
opportunamente dimensionati, al fine del raggiungimento dei limiti della
tabella 1, anche tutti gli insediamenti in cui la popolazione equivalente
fluttuante sia superiore al 30% della popolazione residente e laddove le
caratteristiche territoriali e climatiche lo consentano. Tali trattamenti si
prestano, per gli insediamenti di maggiori dimensioni con popolazione
equivalente compresa tra i 2000 e i 25000 A.E., anche a soluzioni integrate con
impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con
funzione di affinamento.
Possono essere considerati come trattamenti appropriati i sistemi di
smaltimento per scarichi di insediamenti civili provenienti da agglomerati con
meno di 50 A.E., come quelli già indicati nella delibera del Comitato dei
ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4 febbraio 1977.
4. Metodi di campionamento ed analisi
Fatto salvo quanto diversamente specificato nelle tabelle 1, 2, 3, 4
circa i metodi analitici di riferimento, rimangono valide le procedure di
controllo, campionamento e misura definite dalle normative in essere prima
dell’entrata in vigore del presente decreto. Le metodiche di campionamento ed
analisi saranno aggiornate dall’ANPA.
Tabella 3 - Valori limiti di
emissione in acque superficiali e in fognatura.
Numero |
Sostanze |
unità
di |
Scarico
in |
Scarico
in |
1 |
pH |
|
5,5 -
9,5 |
5,5 -
9,5 |
2 |
temperatura |
C° |
(1) |
(1) |
3 |
colore |
|
non
percettibile |
non
percettibile |
4 |
odore |
|
non
deve essere |
non
deve essere |
5 |
materiali
grossolani |
|
assenti |
assenti |
6 |
Solidi
sospesi totali (2) |
mg/L |
80 |
200 |
7 |
BOD5
(come O2) (2) |
mg/L |
40 |
250 |
8 |
COD
(come O2) (2) |
mg/L |
160 |
500 |
9 |
Alluminio |
mg/L |
1 |
2 |
10 |
Arsenico |
mg/L |
0,5 |
0,5 |
11 |
Bario |
mg/L |
20 |
- |
12 |
Boro |
mg/L |
2 |
4 |
13 |
Cadmio |
mg/L |
0,02 |
0,02 |
14 |
Cromo
totale |
mg/L |
2 |
4 |
15 |
Cromo
VI |
mg/L |
0,2 |
0,2 |
16 |
Ferro |
mg/L |
2 |
4 |
17 |
Manganese |
mg/L |
2 |
4 |
18 |
Mercurio |
mg/L |
0,005 |
0,005 |
19 |
Nichel |
mg/L |
2 |
4 |
20 |
Piombo |
mg/L |
0,2 |
0,3 |
21 |
Rame |
mg/L |
0,1 |
0,4 |
22 |
Selenio |
mg/L |
0,03 |
0,03 |
23 |
Stagno |
mg/L |
10 |
|
24 |
Zinco |
mg/L |
0,5 |
1 |
25 |
Cianuri
totali (come CN) |
mg/L |
0,5 |
1 |
26 |
Cloro
attivo libero |
mg/L |
0,2 |
0,3 |
27 |
Solfuri
(come S) |
mg/L |
1 |
2 |
28 |
Solfiti
(come SO2) |
mg/L |
1 |
2 |
29 |
Solfati
(come SO3) (3) |
mg/L |
1000 |
1000 |
30 |
Cloruri
(3) |
mg/L |
1200 |
1200 |
31 |
Fluoruri |
mg/L |
6 |
12 |
32 |
Fosforo
totale (come P) (2) |
mg/L |
10 |
10 |
33 |
Azoto
ammoniacale (come NH4) (2) |
mg/L |
15 |
30 |
34 |
Azoto
nitroso (come N) (2) |
mg/L |
0,6 |
0,6 |
35 |
Azoto
nitrico (come N) (2) |
mg/L |
20 |
30 |
36 |
Grassi
e olii animali/vegetali |
mg/L |
20 |
40 |
37 |
Idrocarburi
totali |
mg/L |
5 |
10 |
38 |
Fenoli |
mg/L |
0,5 |
1 |
39 |
Aldeidi |
mg/L |
1 |
2 |
40 |
Solventi
organici aromatici |
mg/L |
0,2 |
0,4 |
41 |
Solventi
organici azotati (4) |
mg/L |
0,1 |
0,2 |
42 |
Tensioattivi
totali |
mg/L |
2 |
4 |
43 |
Pesticidi
fosforati |
mg/L |
0,10 |
0,10 |
44 |
Pesticidi
totali (esclusi i fosforati) (5) tra
cui: |
mg/L |
0,05 |
0,05 |
45 |
-
aldrin |
mg/L |
0,01 |
0,01 |
46 |
-
dieldrin |
mg/L |
0,01 |
0,01 |
47 |
-
endrin |
mg/L |
0,002 |
0,002 |
48 |
-
isodrin |
mg/L |
0,002 |
0,002 |
49 |
Solventi
clorurati (5) |
mg/L |
1 |
1 |
50 |
Escherichia
coli (6) |
UFC/100mL |
nota |
|
51 |
Saggio
di tossicità acuta (7) |
|
il
campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi
immobili |
il
campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi
immobili |
(*) I limiti per lo scarico in rete fognaria indicati in
tabella 3 sono obbligatori in assenza di limiti stabiliti dall’autorità
d’ambito o in mancanza di un impianto finale di trattamento in grado di
rispettare i limiti di emissione dello scarico finale. Limiti diversi stabiliti
dall’ente gestore devono essere resi conformi a quanto indicato alla nota 2
della tabella 5 relativa a sostanze pericolose .
1. Per i corsi d’acqua la variazione massima tra temperature medie di
qualsiasi sezione del corso d’acqua a monte e a valle del punto di immissione
non deve superare i 3°C. Su almeno metà di qualsiasi sezione a valle tale
variazione non deve superare 1°C. Per i laghi la temperatura dello scarico non
deve superare i 30°C e l’incremento di temperatura del corpo recipiente non
deve in nessun caso superare i 3°C oltre 50 metri di distanza dal punto di
immissione. Per i canali artificiali, il massimo valore medio della temperatura
dell’acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 35°C, la condizione
suddetta è subordinata all’assenso del soggetto che gestisce il canale. Per il
mare e per le zone di foce di corsi d’acqua non significativi, la temperatura
dello scarico non deve superare i 35°C e l’incremento di temperatura del corpo
recipiente non deve in nessun caso superare i 3°C oltre i 1000 metri di
distanza dal punto di immissione. Deve inoltre essere assicurata la
compatibilità ambientale dello scarico con il corpo recipiente ed evitata la
formazione di barriere termiche alla foce dei fiumi.
2. Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane valgono il
limiti indicati in tabella 1 e, per le zone sensibili anche quelli di tabella
2. Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali recapitanti in
zone sensibili la concentrazione di fosforo totale e di azoto totale deve
essere rispettivamente di 1 e 10 mg/L.
3. Tali limiti non valgono per lo scarico in mare, in tal senso le
zone di foce sono equiparate alle acque marine costiere, purché almeno sulla
metà di una qualsiasi sezione a valle dello scarico non vengano disturbate le
naturali variazioni della concentrazione di solfati o di cloruri.
4. Sono inclusi in questo parametro PCB e PCT
5. Esclusi i composti come i pesticidi clorurati rientranti
sotto i parametro 44, 45, 46, 47 e 48.
6. All’atto dell’approvazione dell’impianto per il trattamento
di acque reflue urbane, da parte dell’autorità competente andrà fissato il
limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico
sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un
limite non superiore ai 5000 UFC/100mL
7. Il saggio di tossicità è obbligatorio. Oltre al saggio su Daphnia
magna, possono essere eseguiti saggi di tossicità acuta su Ceriodaphnia dubia,
Selenastrum capricornutum, batteri bioluminescenti o organismi quali Artemia
salina, per scarichi di acqua salata o altri organismi tra quelli che saranno
indicati dall’ANPA in appositi documenti tecnici predisposti al fine dell’aggiornamento
delle metodiche di campionamento ed analisi. In caso di esecuzione di più test
di tossicità si consideri il risultato peggiore. Il risultato positivo della
prova di tossicità non determina l’applicazione diretta delle sanzioni di cui
al Titolo V, determina altresì l’obbligo di approfondimento delle indagini
analitiche, la ricerca delle cause di tossicità e la loro rimozione.
Tabella 3/A - Limiti di
emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi. (omissis)
Tabella 4 - Limiti di emissione
per le acque reflue urbane ed industriali che recapitano sul suolo
|
|
unità
di |
(il
valore della concentrazione |
1 |
pH |
|
6 - 8 |
2 |
SAR |
|
10 |
3 |
materiali
grossolani |
|
assenti |
4 |
Solidi
sospesi totali |
mg/L |
25 |
5 |
BOD5 |
mg O2/L |
20 |
6 |
COD |
mg O2/L |
100 |
7 |
Azoto
totale |
mg N/L |
15 |
8 |
Azoto
ammoniacale |
mg NH4/L |
5 |
9 |
Fosforo
totale |
mg P/L |
2 |
10 |
Tensioattivi
totali |
mg/L |
0,5 |
11 |
Alluminio |
mg/L |
1 |
12 |
Berillio |
mg/L |
0,1 |
13 |
Arsenico |
mg/L |
0,05 |
14 |
Bario |
mg/L |
10 |
15 |
Boro |
mg/L |
0,5 |
16 |
Cromo
totale |
mg/L |
1 |
17 |
Cromo
VI |
mg/L |
0,05 |
18 |
Ferro |
mg/L |
2 |
19 |
Manganese |
mg/L |
0,2 |
20 |
Nichel |
mg/L |
0,2 |
21 |
Piombo |
mg/L |
0,1 |
22 |
Rame |
mg/L |
0,1 |
23 |
Selenio |
mg/L |
0,002 |
24 |
Stagno |
mg/L |
3 |
25 |
Vanadio |
mg/L |
0,1 |
26 |
Zinco |
mg/L |
0,5 |
27 |
Solfuri |
mg H2S/L |
0,5 |
28 |
Solfiti |
mg SO3/L |
0,5 |
29 |
Solfati |
mg SO4/L |
500 |
30 |
Cloro
attivo |
mg/L |
0,2 |
31 |
Cloruri
|
mg
Cl/L |
100 |
32 |
Fluoruri |
mg F/L |
1 |
33 |
Fenoli totali (1) |
mg/L |
0,1 |
34 |
Aldeidi
totali |
mg/L |
0,5 |
35 |
Composti
organici aromatici totali (2) |
mg/L |
0,01 |
36 |
Composti
organici azotati totali (1) |
mg/L |
0,01 |
37 |
Pesticidi
fosforati |
mg/L |
0,01 |
38 |
Saggio
di tossicità su Daphnia magna |
LC5024h |
il
campione non è accettabile quando |
39 |
Escherichia
coli |
UFC/100mL |
|
1. Il limite è valido solo per i composti pericolosi quali ad esempio
i clorofenoli.
2. Si intendono comunque esclusi i composti alogenati e le
sostanze che possono dare origine a tali composti nell’ambiente idrico, per cui
vige comunque il divieto di scarico sul suolo.
Tabella 5 - Sostanze per le
quali non possono essere adottati da parte delle regioni(1), o da
parte del gestore della fognatura(2), limiti meno restrittivi di
quelli indicati in tabella 3 rispettivamente per lo scarico in acque
superficiali e per lo scarico in fognatura.
1 |
Arsenico |
7 |
Piombo |
13 |
Composti
organici aromatici |
2 |
Cadmio |
8 |
Rame |
14 |
Composti
organici azotati (4) |
3 |
Cromo
totale |
9 |
Selenio |
15 |
Composti
organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati) |
4 |
Cromo
esavalente |
10 |
Zinco |
16 |
Pesticidi
fosforati |
5 |
Mercurio |
11 |
Fenoli |
17 |
Composti
organici dello stagno |
6 |
Nichel |
12 |
Idrocarburi
totali |
18 |
Sostanze
di cui è provato il potere cancerogeno |
(1)
Per
quanto riguarda gli scarichi in corpo idrico superficiale, nel caso di
insediamenti produttivi aventi scarichi con una portata complessiva media
giornaliera inferiore a 50 m3, per i parametri della tabella 5, ad
eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 15, 16, e 17 le regioni
e le province autonome nell’ambito dei piani di tutela, possono ammettere
valori di concentrazione che superano di non oltre il 50% i valori indicati
nella tabella 3, purché sia dimostrato che ciò non comporti un peggioramento
della situazione ambientale e non pregiudica il raggiungimento gli obiettivi
ambientali.
(2) Per quanto riguarda gli scarichi
in fognatura, purché sia garantito che lo scarico finale della fognatura
rispetti i limiti di tabella 3, o quelli stabiliti dalle regioni ai sensi
dell’articolo 28 comma 2, l’ente gestore può stabilire per i parametri della
tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 11, 14,
15, 16 e 17, limiti di accettabilità i cui valori di concentrazione superano
quello indicato in tabella 3.
(3) La limitazione per lo scarico in
fognatura, indicata alla nota 2, è valida solo per i fenoli non di tipo
naturale quali i cloro fenoli.
(4) La limitazione per lo scarico in
fognatura, indicata alla nota 2, è valida solo per i composti pericolosi quali
ad esempio le ammine aromatiche, l’acrilonitrile, l’acrilammide, la piridina, e
non per composti di tipo naturali come ad esempio le proteine.
[1] Si intendono come esistenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto gli scarichi:
a)
gli impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali siano
già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e
all’assegnazione lavori;
b) gli scarichi di acque reflue
industriali in esercizio e già autorizzati.
ALLEGATO 6
CRITERI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLE AREE SENSIBILI
Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno
dei seguenti gruppi:
a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già
eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di
interventi protettivi specifici. Per individuare il nutriente da ridurre
mediante ulteriore trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti
elementi:
i) nei laghi e nei corsi d’acqua che si immettono in laghi/bacini/baie
chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di
accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri
che tale intervento non avrebbe alcuno effetto sul livello
dell’eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si
può prevedere di eliminare anche l’azoto;
ii) negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con
scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di
nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani
sono generalmente di importanza irrilevante, dall’altro, quelli provenienti da
agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del
fosforo e/o dell’azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque
alcun effetto sul livello dell’eutrofizzazione;
b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione
di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti
della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali
destinate alla produzione d’acqua potabile;)
c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento
supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle
prescrizioni previste dalla presente norma.
Ai sensi del comma 2 punto a) dell’articolo 18, sono da considerare in
prima istanza come sensibili i laghi posti ad un’altitudine sotto i 1.000 sul
livello del mare.
ALLEGATO 7
Parte A - ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE
AGRICOLA
PARTE A I - CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE
VULNERABILI (omissis)
CONTROLLI DA ESEGUIRE AI FINI DELLA REVISIONE DELLE
ZONE VULNERABILI (omissis)
METODI DI RIFERIMENTO
Concimi chimici
Il metodo di analisi dei composti dell’azoto è stabilito in conformità
al D.M. 19 luglio 1989 – Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i
fertilizzanti.
Acque dolci, acque costiere e acque marine
Il metodo di analisi per la rilevazione della concentrazione di
nitrati è la spettrofotometria di assorbimento molecolare. I laboratori che
utilizzano altri metodi di misura devono accertare la comparabilità dei
risultati ottenuti.
PARTE A II - ASPETTI METODOLOGICI (omissis)
PARTE A III - ZONE VULNERABILI DESIGNATE (omissis)
PARTE A IV - INDICAZIONI E MISURE PER I PROGRAMMI
D’AZIONE
I programmi d’azione sono obbligatori per le zone
vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con
riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine
agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientali locali.
1. I programmi d’azione includono misure relative
a:
1)
i
periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di
fertilizzanti;
2) la capacità dei depositi per
effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per
l’immagazzinamento nel periodo più lungo, durante il quale è proibita
l’applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in
cui sia dimostrato all’autorità competente che qualsiasi quantitativo di
effluente superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento verrà
gestito senza causare danno all’ambiente;
3) la limitazione dell’applicazione
al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in
funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in
particolare si deve tener conto:
a)
delle
condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;
b) delle condizioni climatiche, delle
precipitazioni e dell’irrigazione;
c) dell’uso del terreno e delle
pratiche agricole, inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento
colturale.
Le misure si basano sull’equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di
azoto delle colture, e l’apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla
fertilizzazione, corrispondente:
-
alla
quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia
ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanente alla fine
dell’inverno);
-
all’apporto
di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione netta delle riserve di
azoto organico presenti nel terreno;
-
all’aggiunta
di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;
-
all’aggiunta
di composti di azoto provenienti da fertilizzanti chimici e da altri
fertilizzanti.
I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate
nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.
2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento,
il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso
quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di
azoto per ettaro. Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il
quantitativo di effluente utilizzabile può essere elevato fino ad un apporto
corrispondente a 210 kg di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono
calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali.
3. Durante e dopo i primi quattro anni di applicazione del programma
d’azione le regioni in casi specifici possono fare istanza al Ministero
dell’ambiente per lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento
diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalità di
cui all’articolo 1, da motivare e giustificare in base a criteri
obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:
-
stagioni
di crescita prolungate;
-
colture
con grado elevato di assorbimento di azoto;
-
terreni
con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione.
Il Ministero dell’ambiente, acquisito il parere favorevole della
Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste
all’articolo 9 della direttiva 91/676/CEE, può concedere lo spargimento di tali
quantitativi.
PARTE B - ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI
PARTE B I - CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE
1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui
richiedere limitazioni o esclusioni d’impiego, anche temporanee, di prodotti
fitosanitari autorizzati, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri
comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l’entomofauna
utile e altri organismi utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un’area
è considerata area vulnerabile quando l’utilizzo al suo interno dei prodotti
fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli
altri comparti ambientali rilevanti.
2. Il Ministero della Sanità ai sensi dell’art.5, comma 20 del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n.194, su documentata richiesta delle Regioni e
delle Province autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all’articolo
20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni
d’impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree
individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.
3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla
base dei criteri indicati nella parte BII di questo allegato, alla prima
individuazione e cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai
fini della tutela delle risorse idriche sotterranee.
Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti
metodologici indicati nella parte BII punto 3, le Regioni e le Province
autonome provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una
cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.
4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti
fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico
e della protezione di organismi utili, ivi inclusi insetti e acari utili,
uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni
di esse, indicate nell’Elenco Ufficiale di cui all’art. 5 della legge 6
dicembre 1991, n. 394.
5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di
controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d’impiego
dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della
Sanità. Esse forniscono al Ministero dell’Ambiente e all’Agenzia Nazionale per
la Protezione dell’Ambiente (ANPA) i dati relativi all’individuazione e alla
cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.
6. L’ ANPA e le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente
forniscono supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle Province autonome
al fine di:
a)
promuovere
uniformità d’intervento nelle fasi di valutazione e cartografia delle aree di
protezione dai prodotti fitosanitari;
b) garantire la congruità delle
elaborazioni cartografiche e verificare la qualità delle informazioni
ambientali di base (idrogeologiche, pedologiche, ecc.).
7. L’ANPA promuove attività di ricerca nell’ambito delle problematiche
relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali
attività hanno il fine di acquisire informazioni intese a migliorare e
aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i
comparti del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè degli
organismi non bersaglio.
Il Ministero dell’Ambiente provvede, tenuto conto delle informazioni
acquisite e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per
l’individuazione delle aree vulnerabili.
PARTE B II - ASPETTI METODOLOGICI
1. Come per le zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei
fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal
fenomeno: una indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un’indagine
di maggiore dettaglio (seconda individuazione).
2. Indagine preliminare di riconoscimento
Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti
fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a
quella indicata in precedenza nella Parte A II di questo allegato.
2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende,
comunque, le aree per le quali le attività di monitoraggio hanno già
evidenziato situazioni di compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla
base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R.
236/88 per il parametro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili).
Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni
rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione
determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto
reattivo.
Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura
dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una
protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purchè continuo,
o da un suolo molto reattivo.
2.2 Obiettivo dell’indagine preliminare di riconoscimento non è la
rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilità degli
acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove
le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente
evidenti.
Per queste attività si rinvia agli aspetti metodologici già indicati
nella Parte AII di questo allegato.
2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le
amministrazioni potranno chiedere l’applicazione di eventuali limitazioni o
esclusioni d’impiego ci si potrà avvalere di parametri, indici, modelli e
sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti
fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione.
3. Aggiornamenti successivi
L’indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di
sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni,
tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che
consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree
vulnerabili.
Questa successiva fase di lavoro, che può procedere parallelamente
alle indagini e cartografie maggiore dettaglio, può prevedere inoltre la
designazione di più di una classe di vulnerabilità (al massimo 3) riferita ai
gradi più elevati e la valutazione della vulnerabilità in relazione alla
capacità di attenuazione del suolo, in modo tale che si possa tenere conto
delle caratteristiche intrinseche dei prodotti fitosanitari per poterne
stabilire limitazioni o esclusioni di impiego sulla base di criteri quanto più
possibile obiettivi.
3.1 La seconda individuazione e cartografia è restituita ad una scala
maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000): successivamente o
contestualmente alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente con la
situazione conoscitiva di partenza e con le possibilità operative delle singole
amministrazioni, deve essere avviata una indagine con scadenze a medio/lungo
termine. Essa convoglia la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche
sullo studio delle aree più problematiche, già individuate nel corso delle fasi
precedenti.
Obiettivo di questa indagine è l’individuazione della vulnerabilità
specifica degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato.
Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la vulnerabilità intrinseca degli
acquiferi, la capacità di attenuazione del suolo e le caratteristiche
chemiodinamiche dei prodotti fitosanitari .
Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le
amministrazioni potranno chiedere l’applicazione di eventuali limitazioni o
esclusioni d’impiego ci si potrà avvalere di parametri o indici che consentano
di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di
percolazione. Si cita, ad esempio, l’indice di Gustafson.
3.2 Le Regioni e le Province Autonome redigono un programma di massima
con l’articolazione delle fasi di lavoro e i tempi di attuazione. Tale
programma è inviato al Ministero dell’Ambiente e all’ANPA, i quali forniscono
supporto tecnico e scientifico alle Regioni e alle Province Autonome.
Le maggiori informazioni derivanti dall’indagine di medio-dettaglio
consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro utile per la
pianificazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari a livello locale e permetteranno
di precisare, rispetto all’indagine preliminare di riconoscimento, le aree
suscettibili di restrizioni o esclusioni d’impiego.
Non si esclude, ovviamente, la possibilità di intraprendere studi di
maggior dettaglio a carattere operativo-progettuale, quali strumenti di
previsione e, nell’ambito della pianificazione, di prevenzione dei fenomeni di
inquinamento. Questi studi sono finalizzati al rilevamento della vulnerabilità
e dei rischi presenti in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori,
ecc.), all’interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono
permettere di indicare più nel dettaglio le eventuali restrizioni nel tempo e
nello spazio nonché gli indirizzi tecnici cui attenersi nella scelta dei
prodotti fitosanitari, dei tempi e delle modalità di esecuzione dei
trattamenti.
PARTE B III - ASPETTI GENERALI PER LA CARTOGRAFIA
DELLE AREE OVE LE ACQUE SOTTERRANEE SONO POTENZIALMENTE VULNERABILI.
1. Le valutazioni sulla vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento
si può avvalere dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) quali strumenti per
l’archiviazione, l’integrazione, l’elaborazione e la presentazione dei dati
geograficamente identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di
integrare, sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi
masse di informazioni anche di origine e natura diverse.
Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate
alla luce di dati diretti sulla qualità delle acque che dovessero rendersi
disponibili.
Nel caso in cui si verifichino discordanze con le previsioni
effettuate sulla base di valutazioni si procede ad un riesame di queste ultime
ed alla ricerca delle motivazioni tecniche di tali divergenze.
Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede di
considerare la vulnerabilità su due livelli: vulnerabilità intrinseca degli
acquiferi e vulnerabilità specifica.
2. I Livello: Vulnerabilità intrinseca degli
acquiferi.
La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi
considera essenzialmente le caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e
idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa, è riferita a
inquinanti generici e non considera le caratteristiche chemiodinamiche delle
sostanze.
2.1 Sono disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia della
vulnerabilità intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi, metodi
parametrici e numerici.
La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilità di
dati, dalla scala di riferimento e dalla finalità dell’indagine.
2.2 I metodi qualitativi prevedono la zonizzazione per aree
omogenee, valutando la vulnerabilità per complessi e situazioni idrogeologiche
generalmente attraverso la tecnica della sovrapposizione cartografica. La
valutazione viene fornita per intervalli preordinati e situazioni tipo. Il
metodo elaborato dal GNDCI-CNR (1) valuta la vulnerabilità intrinseca mediante
la classificazione di alcune caratteristiche litostrutturali delle formazioni
acquifere e delle condizioni di circolazione idrica sotterranea.
2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di
parametri fondamentali dell’assetto del sottosuolo e delle relazioni col
sistema idrologico superficiale, ricondotta a scale di gradi di vulnerabilità.
Essi prevedono l’attribuzione a ciascun parametro, suddiviso in intervalli di
valori, di un punteggio prefigurato crescente in funzione dell’importanza da
esso assunta nella valutazione complessiva. I metodi parametrici sono in genere
più complessi poiché richiedono la conoscenza approfondita di un elevato numero
di parametri idrogeologici e idrodinamici.
2.4 I metodi numerici sono basati sulla stima di un indice di
vulnerabilità (come ad esempio il tempo di permanenza) basato su relazioni
matematiche di diversa complessità.
2.5 In relazione allo stato e all’evoluzione delle conoscenze potrà
essere approfondito ed opportunamente considerato anche il diverso peso che
assume il suolo superficiale nella valutazione della vulnerabilità intrinseca;
tale caratteristica viene definita come “capacità di attenuazione del suolo” e
presuppone la disponibilità di idonee cartografie geo-pedologiche.
3. II Livello: Vulnerabilità specifica
Con vulnerabilità specifica s’intende la combinazione della
valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi con
quella della capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o
gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche
chemio-dinamiche della sostanza (capacità di assorbimento ai colloidi del
suolo, resistenza ai processi di degradazione, solubilità in acqua, polarità,
etc.) con le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo.
La compilazione di cartografie di vulnerabilità specifica deriva da
studi approfonditi ed interdisciplinari e richiede l’uso di modelli di
simulazione, quali ad esempio PRZM2 e PESTLA.
[1] Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi
Idrogeologiche